Il caso Veneto. Delrio: «Se il Pd punisce Bigon mi autosospendo»
Graziano Delrio
Graziano Delrio è a dir poco sorpreso dall’affondo di Elly Schlein contro la consigliera regionale dem del Veneto, Anna Maria Bigon, che sulla legge inerente il fine vita si è astenuta e non è uscita dall’aula regionale, come avrebbe voluto il gruppo del Pd. Una scelta, quella di Bigon, che ha contribuito a non far passare il dispositivo appoggiato dal governatore leghista Luca Zaia. « Lo dico con molta chiarezza: su questi temi mai, e ripeto mai, la disciplina di partito può sovrastare la libertà di coscienza», parte dritto il senatore del Pd, riferimento dell’ala popolare e cattolico-democratica del partito.
Le posizioni assunte da Bigon nel Consiglio regionale veneto hanno quindi piena legittimità?
Premessa: quanto dico sulla libertà di coscienza non vale solo quando c’è una persona che la pensa come me. Vale anche per chi ha un’idea del tutto opposta alla mia. Ma ciò detto, concordo con la posizione di Bigon nel merito e nel metodo.
Per “merito” cosa intende dire?
La priorità assoluta per rispettare le sofferenze delle persone è recepire la sentenza della Corte costituzionale, ma è ridicolo pensare che possano esistere 20 leggi regionali sul fine vita. Sarebbe il caos. Attuare la sentenza della Consulta significa trovare equilibrio tra il diritto alla vita e la libertà di rifiuto delle cure. Io non ho verità assolute: su questi temi si ricerca insieme avendo presente il dolore delle persone. Il compito di tradurre in legge le disposizioni della Corte tocca al Parlamento.
Lei però dice che è anche una questione di metodo. A chi si riferisce?
Intendo dire che se il governatore Zaia ha un problema amministrativo da affrontare, inerente le richieste e i bisogni dei malati della sua Regione, allora si adoperi con una delibera di Giunta, non trascini il Consiglio regionale in un atto legislativo che spetta al Parlamento nazionale adottare. Zaia ha un altro strumento per arrivare all’attuazione della sentenza della Corte costituzionale: rivolgersi al suo partito, ai deputati e senatori veneti della Lega, e chiedere di riaprire in Parlamento il confronto sulla proposta di legge che abbiamo votato nella scorsa legislatura alla Camera. È in Parlamento che la destra deve dimostrare di aver maturato quella sensibilità necessaria per giungere a testi condivisi ed equilibrati.
Appare però chiaro che nella scelta di Bigon c’è anche un portato politico che lei “tutela”.
In Consiglio regionale Bigon ha portato argomentazioni del tutto condivisibili, ad esempio sulla necessità di implementare le cure palliative e di incaricare il Parlamento del delicato equilibrio tra libertà personale e diritto intangibile alla vita.
È la linea del Pd?
La linea del Pd è sintetizzata nell’unanime sostegno alla proposta di legge Bazoli su cui ho fatto la dichiazione di voto in Aula alla Camera a nome di tutto il partito.
L’attacco di Schlein a Bigon sottintende dunque un tentativo di cambiare la linea del Pd?
Spero di no. Ma nel caso, la linea di un partito si cambia con una discussione nei luoghi deputati, non dicendo a una consigliera regionale di uscire dall’Aula così da far passare una legge.
Se ci fossero provvedimenti contro la consigliera regionale che non ha “obbedito” all’indicazione di lasciare l’Aula, lei cosa farebbe?
Se Bigon fosse sospesa, mi autosospenderei anch’io dal partito. E ripeto: non solo perché condivido la scelta della nostra consigliera regionale, ma perché agirei allo stesso modo nei confronti di qualsiasi collega di partito che fosse “punito” per aver esercitato la propria libertà di coscienza su un tema sensibile.