La notizia buona è che peggio di così non potrà andare: difficile per l’Italia scendere ancora nella classifica dei Paesi europei in merito agli investimenti nella cultura e nella scuola. L’ultimo posto è già nostro per quel che riguarda la prima: persino la Grecia – che certo non naviga in acque migliori di noi – è riuscita a superarci destinando alla cultura l’1,2% della spesa pubblica. La media della Ue a 27 ammonta al doppio, al 2,2%. Ed è una magra consolazione essere un gradino più sopra dei nostri vicini ellenici – cioè penultimi tra i 27 Paesi dell’Ue – per l’investimento nell’istruzione che ammonta all’8,5% contro una media europea del 10,9. Analizzando la percentuale rispetto al Pil l’Istat, sempre nelle sue tabelle sulla spesa delle amministrazioni pubbliche, sottolinea che la spesa per istruzione in percentuale sul Pil è diminuita passando dal 4,4% del 2010 al 4,2% nel 2011. Quasi dimezzati i fondi a disposizione della cultura che sono passati dallo 0,8% del 2010 allo 0,5% del 2011.Tutto vero. Ma – invita il ministero – sono dati da leggere con attenzione, tenendo conto di alcune caratteristiche strutturali del nostro Paese, «anzitutto – precisa il Miur – la percentuale dell’8,5 è calcolata tenendo conto della spesa pubblica complessiva, comprese anche le risorse assorbite dal pagamento degli interessi sul debito pubblico».Sarebbe più opportuno dunque – sostiene il ministero – «calcolare la percentuale di risorse investite nella scuola e nell’università al netto della spesa per gli interessi sul debito che per l’Italia è di gran lunga superiore alla media Ue. Se escludessimo dal calcolo gli interessi sul debito – conclude la nota – la percentuale salirebbe di quasi un punto percentuale, superando ampiamente il 9%, poco al di sotto della media Ue».Resta il fatto che i dati – «uno stimolo a invertire la rotta» li definisce il ministero dell’Istruzione – confermano una tendenza in lento ma inesorabile peggioramento. Per l’Italia, investire poco e male nella scuola è una costante: nel 2006 – senza l’alibi della crisi – ci piazzavamo al diciottesimo posto destinando all’istruzione primaria e secondaria il 4,73% del Pil contro il 5,5% della media europea. Desolanti i dati di Eurostat inerenti l’istruzione universitaria che ci vedeva più generosi nella spesa (lo 0,8% del Pil) soltanto della Bulgaria.Da allora, non ci siamo più ripresi: il nostro Paese ha conquistato la maglia nera tra quelli che tra il 2010 e il 2012 hanno effettuato i tagli più pesanti al bilancio della scuola. La situazione emerge da uno studio realizzato dalla Commissione Ue presentato lo scorso marzo. A ridurre gli investimenti non è stata solo l’Italia ma noi siamo tra gli Stati – sette – che hanno superato quota 5% (-3,8 nel 2011 e -6,8 nel 2012).