Il patto. Scuola, c'è l'accordo (sulla carta)
Un accordo l’altra notte a Palazzo Chigi e la vertenza scuola si sblocca. Governo e sindacati hanno finalmente trovato un punto di incontro sulle questioni più scottanti del settore al termine di una riunione fiume durata oltre cinque ore e cominciata subito dopo l’infuocata seduta del Consiglio dei ministri. Ecco la sintesi del “patto” raggiunto tra le parti: più risorse per il rinnovo del contratto (scaduto nel dicembre scorso) e soluzioni per risolvere il problema del precariato, anche attraverso nuovi concorsi a cattedra con corsia preferenziale e ingressi agevolati (come i superpunteggi per i titoli). Sospeso quindi lo sciopero generale che era stato proclamato per il 17 maggio, un temporaneo disinnesco del “detonatore” in attesa dell’inizio dei tavoli tecnici al Miur che dovranno tradurre in atti concreti il “nero su bianco” siglato ieri. L’impegno dell’esecutivo, in particolare, riguarda il graduale recupero, nei prossimi tre anni, del potere d’acquisto degli stipendi dei lavoratori della scuola. Al summit durato fino all’alba di ieri con i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda erano presenti, per il governo, il premier Giuseppe Conte, il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti e il sottosegretario Salvatore Giuliano che hanno garantito il reperimento di fondi da destinare a docenti e personale Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) in modo da avvicinare le loro retribuzioni alla media europea. Per i dirigenti scolastici l’intesa prevede il pieno riconoscimento del ruolo e della responsabilità. Anche per l’università, inoltre, sono stati assunti impegni finanziari al fine di agevolare le attività di ricerca e didattica. Ci sarà un’infornata di nuove assunzioni per concorso (si parla di 66mila cattedre) che dovrebbe consentire anche la stabilizzazione dei precari, in primo luogo quelli che hanno maturato oltre 36 mesi di servizio. Una misura di emergenza visto che da settembre, a causa dei prepensionamenti per “quota 100”, saranno da coprire oltre 100mila posti. E i denari? Di cifre, nel- lo specifico, non si è parlato. Verrà costituito un fondo da aggiungere al miliardo e settecento milioni già stanziato per l’intero comparto pubblico nella legge di Bilancio 2019 che potrebbe portare, dunque, un «congruo adeguamento» degli stipendi: si è calcolato che, con le risorse disponibili, nelle tasche degli insegnanti finirà un aumento mensile lordo a regime sui 35 euro, a fronte degli 80 percepiti con l’accordo firmato lo scorso anno. Va ricordato che con il rinnovo del contratto per il periodo 2016-2018, al personale della scuola sono giunti aumenti medi di 96 euro lordi al mese. Almeno negli intenti, sarà innestato anche un freno alle eccessive spinte regionalistiche che, in nome di una accentuata autonomia, potrebbero introdurre una disparità di trattamento tra gli addetti alla scuola (docenti e non) del Nord e quelli del Sud. «Consapevole di dover investire di più nella scuola, pur in un quadro di finanza pubblica che purtroppo ci pone dei vincoli, il governo si è impegnato a individuare le risorse necessarie per il rinnovo dei contratti, assicurando un congruo incremento degli stipendi » ha annunciato Conte, dopo la riunione. Soddisfatti, se non altro per il metodo usato dal governo, i sindacati, che in una nota congiunta commentano: «Dopo aver ribadito le nostre posizioni sulle principali questioni alla base della mobilitazione si è giunti ad una chiara e condivisa presa di posizione a favore della identità e dell’unità culturale del Paese, da perseguire attraverso la scuola garantendo con l’intesa lo stato giuridico del personale, il valore nazionale dei contratti, il sistema nazionale di reclutamento del personale e le regole per il governo delle scuole autonome».