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Scuola. I compiti per le vacanze: sono troppi o troppo pochi?

Ilaria Beretta lunedì 26 agosto 2024

Troppi e inutili: è questa l’accusa lanciata da studenti e genitori che portano sul banco degli imputati i compiti delle vacanze. Un recente sondaggio, condotto su un campione di mille alunni di scuole medie e superiori, svela che ben tre alunni su quattro ritengono eccessivo il carico di lavoro domestico assegnato dagli insegnanti durante i mesi di riposo estivo. E anche tra i genitori 4 su dieci sono contrari. A esercizi, ricerche, letture di libri – dice la ricerca condotta dal portale Skuola.net – si oppone in modo assoluto il 25 per cento degli intervistati, mentre il 49 per cento si dichiara disposto ad accettarli a patto che siano meno e più creativi. Le fazioni sono sempre le stesse: da un lato chi ritiene sia giusto far riposare la mente degli studenti e al limite occuparla con attività genericamente formative, dall’altro si spiega che gli esercizi sono indispensabili per allenare le competenze acquisite durante l’anno ed evitare che le nozioni apprese svaniscano nelle tante – troppe? – settimane di riposo previste dalla scuola italiana.

Il professore Rivoltella: "Supportare il lavoro a casa con sportelli estivi o ChatGPT"

«Personalmente – spiega Pier Cesare Rivoltella, professore di Didattica e Tecnologie dell’educazione all’Università di Bologna – credo che l’estate debba essere un momento in cui i ragazzi possono dedicarsi ad altro. Nel caso della scuola primaria io lascerei da parte i compiti e immaginerei per i piccoli esperienze di apprendimento informale, come letture, visite guidate e viaggi. Alla scuola secondaria, invece, un programma di lavoro estivo ha senso purché il carico venga tarato sulle carenze e sul profilo di ciascuno. Anche in questo caso, però, non bisogna lasciare soli gli studenti. Se un ragazzo ha fatto fatica durante l’anno, è illusorio pensare che d’estate possa recuperare senza essere seguito». Anche perché altrimenti è facile che si creino disparità. In un celebre saggio dedicato ai compiti a casa l’autore francese Philippe Meirieu propose di abolire gli esercizi domestici proprio perché i diversi ambienti familiari e culturali rischiavano di non garantire pari opportunità di apprendimento. Come soluzione al problema da anni si parla di “classe rovesciata”, un approccio per cui il tempo dell’assimilazione dei concetti si sposta da casa a scuola. In attesa del ribaltamento dell’aula, però – dice Rivoltella – «per i compiti a casa servirebbero supporti: griglie e fogli di accompagnamento dell’insegnante, attività di sportello estivo o bot automatici che facciano da tutor agli studenti: oggi se ne possono generare di efficaci con ChatGPT. So che qualche sopracciglio si sta alzando: credo che l’intelligenza artificiale non debba essere vista con sospetto dagli insegnanti che, anzi, potrebbero impratichirsi e portarla in classe come strumento di lavoro, insegnando ai ragazzi le tecniche per interrogare i chatbot e per adoperarla con consapevolezza».

La pedagogista Paglialunga: "Il compito? Una scuola di vita"

L’approccio suggerito dall’esperto non sembra essere ancora il più gettonato nelle classi italiane. Soprattutto dagli insegnanti di matematica: il 38% dei ragazzi interpellati dalla ricerca di Skuola.net la indica come la materia che più li ha caricati di esercizi durante le vacanze. Grande mole di lavoro assegnata anche dai docenti di italiano con temi e letture che spaventano il 23 per cento degli alunni. Chi frequenta il liceo, prima che l’estate finisca, dichiara che bisognerà tradurre anche versioni dal latino e dal greco e numerosi testi in lingua straniera. «In sé il compito – commenta la professoressa Maria Grazia Paglialunga, pedagogista, maestra di scuola primaria e docente all’Università di Verona – è una buona cosa: lo incontriamo in ogni fase della nostra vita, abitua alla perseveranza e spesso è indispensabile per riuscire a ottenere qualcosa. Per imparare a guidare, per esempio, facciamo esercizi; per avere gli addominali, ci alleniamo, per fare una torta ben riuscita è probabile che tenteremo la ricetta più volte. Insomma, nella vita c’è sempre un aspetto pratico che ci serve per rendere efficace qualcosa che abbiamo imparato in teoria. Il problema è che oggi il compito ha assunto un’accezione negativa: da un lato la scuola ha inserito così tante attività che il tempo sui banchi non basta mai e si delega troppo agli esercizi a casa, dall’altro non si educa a nessun tipo di spirito di sacrificio e si demonizza ogni piccola frustrazione o fatica, pur sapendo che tutti, crescendo, ne incontreranno». «Ovviamente – ci tiene a sottolineare Paglialunga – i compiti devono essere pensati, assegnati e calibrati sull’età dello studente. Spesso invece gli insegnanti danno interi libri agli studenti senza selezione. Spiegare a cosa serve un compito e bilanciarlo con il tempo del riposo è fondamentale per preservare il senso del lavoro: per esempio, è corretto non iniziare subito a fare i compiti delle vacanze e non portarsi i libri quando si va al mare o in montagna. Infine, i compiti servono ma come allenamento e ripasso: a settembre non valutiamo gli studenti sulla base di quanto fatto durante le ferie».