Lo stallo. Scontro tra Viminale e Ong sul codice di condotta per i salvataggi
Foto Marina Militare
«Noi agiamo nel rispetto del diritto marittimo e delle convenzioni internazionali e operiamo per salvare vite umane. Diverse asserzioni del Codice di condotta presentatoci dal ministero dell’Interno italiano ci trovano in disaccordo, anzi direi che molti punti sono contro le leggi marittime. Perciò abbiamo già espresso alcune prime obiezioni, che articoleremo dopodomani in un secondo incontro». Sono le sette di sera quando Sandra Hammamy, dell’organizzazione SeaWatch, riassume ai cronisti in attesa fuori dal Viminale gli esiti della riunione appena conclusa.
Un incontro «tecnico» a porte chiuse, durato un paio d’ore, presieduto dal capo di gabinetto del ministero, Mario Morcone, e al quale hanno preso parte diverse Ong impegnate nelle operazioni di salvataggio in mare dei migranti e rappresentanti dei ministeri dell’Interno, degli Esteri, dei Trasporti, della Guardia di Finanza e Capitanerie di Porto. Come si poteva ipotizzare, non è stata una riunione decisiva e probabilmente lo stesso ministro dell’Interno Marco Minniti se lo aspettava, al punto da delegare le 'trattative' al suo braccio destro Morcone, prefetto di provata competenza in materia di immigrazione. Il secondo round, convocato a stretto giro, servirà a cercare un punto di mediazione fra le richieste ritenute inaccettabili dalle Ong, che proporranno alcuni «emendamenti ». Se non ci si dovesse riuscire, cosa accadrà alle organizzazioni che non sottoscriveranno il Codice? «I porti ci verranno chiusi», osserva asciutta Hammamy.
Venerdì gli «emendamenti» Ong. In un clima definito da una nota del Viminale «di comune collaborazione », Morcone ha illustrato i punti cardine del Codice, che «mira a stabilire regole chiare per le navi delle Ong impegnate in attività di soccorso ai migranti». Ma su alcuni punti – secondo quanto raccolto da Avvenire al termine della riunione e confermato da fonti del Viminale – il disaccordo degli esponenti delle organizzazioni è stato subito evidente: fra le richieste contestate, la presenza di agenti di polizia giudiziaria a bordo delle navi umanitarie » e il divieto di trasbordare i migranti su altre imbarcazioni». Alla fine, vista la difficoltà di trovare un punto di composizione, si è deciso di aggiornare la riunione a venerdì: nel secondo rounddi venerdì, conferma la nota ministeriale, i rappresentanti delle Ong «proporranno emendamenti specifici».
«No ai poliziotti a bordo». A sentire Hammamy, di SeaWatch, sulle richieste del Viminale giudicate controverse non dovrebbe esserci margine di trattativa: «Non accetteremo la presenza della polizia a bordo, siamo un’organizzazione umanitaria, salviamo vite – ribadisce più volte, in tedesco e in inglese. ai reporter presenti –. E riguardo alle destinazioni, noi portiamo i migranti in Italia invece che a Malta o in altri porti perché ce lo indica il centro di coordinamento marittimo della Guardia Costiera di Roma. È chiaro a tutti come in questa questione l’Italia sia stata lasciata sola dall’Unione Europea, ma non è giusto incolpare le Ong che sono l’anello debole della catena».
«Accordo in tre giorni? Difficile». Ancor più scettico si dice Gunter Koertel, della Ong Sea Eye: «Sarà molto, molto difficile trovare un punto d’accordo in tre giorni», osserva, respingendo la richiesta di non trasbordare i migranti soccorsi su altre navi per ragioni pratiche: «Noi disponiamo di una piccola nave, non abbiamo la capacità di portare le persone fino in Italia. L’abbiamo fatto una volta sola fino a Lampedusa ed è stata dura, le vite dei trasportati vengono messe in pericolo». Perciò, afferma, «noi diamo i primi soccorsi e aspettiamo una nave più grande che prende a bordo i migranti». Un altro passaggio non condivisibile, fa sapere Koertel, riguarda la certificazione che attesta l’idoneità tecnica per le attività di salvataggio: «Dovremo discuterne in maniera più dettagliata».
Più possibilisti paiono Medici senza Frontiere, che finora ha salvato 69mila migranti («Abbiamo un approccio costruttivo, ma siamo preoccupati per alcune ambiguità » del testo) e Save the children, che opera con l’imbarcazione «Vos Hestia» e che non alza muri, auspicando «che si possa raggiungere un’intesa definitiva». Uno spiraglio che lascia aperti margini di trattativa al ministro Minniti, che punta a chiudere al più presto su un testo il più possibile condiviso. Chi non dovesse aderire, è la linea del Viminale, dovrà accettarne le conseguenze.