Attualità

Palazzo di giustizia. Sull'inchiesta è scontro in procura

Nello Scavo mercoledì 14 maggio 2014
​Mentre pedinavano uno dei sospettati alcuni militari della guardia di finanza videro delle facce note a poca distanza dall’indagato. Si muovevano con circospezione. Bastò mettere a fuoco il teleobiettivo per riconoscere i volti di alcuni loro colleghi. Era, per dirla con il procuratore Edmondi Bruti Liberati, un caso di «doppio pedinamento» che avrebbe potuto far saltare l’indagine su Expo. Lo sostiene il procuratore di Milano nella sua autodifesa inviata al Csm che un mese fa ricevette le rimostranze del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, Le iniziative del pm Alfredo Robledo «hanno determinato un reiterato intralcio alle indagini» sull’Expo, un «evento di straordinaria importanza per il Paese», accusa Bruti. Lo scontro alla procura di Milano tra il capo dell’ufficio e il suo aggiunto si fa durissimo. Il procuratore si era visto accusare da uno dei suoi otto vice di irregolarità nell’assegnazione di fascicoli delicati e ora racconta che proprio per colpa del collega si è arrivati a una situazione «surreale», perfino con un doppio pedinamento.È in una nota inviata al Csm - chiamato a valutare la fondatezza delle accuse di Robledo –  che Bruti ha impilato le contestazioni del suo aggiunto. Il 15 aprile Bruti Libertati venne ascoltato dal Csm che ha aperto una indagine sul comportamento dei magistrati ma Bruti non poté spiegare spiegare fino in fondo la sua posizione perché l’inchiesta suExpo era ancora coperta dal segreto. Nel documento di sette pagine, corredate di otto allegati, il procuratore non risparmia critiche a Robledo, come del resto questi aveva fatto con lui. Secondo Bruti, il suo vice «ha avuto la piena disponibilità di tutto il fascicolo e costante informazione sullo sviluppo delle indagini» e questo, al contrario di quanto sostenuto da Robledo, è avvenuto «sin dalla primavera del 2012», da quando cioè le indagini nate nell’ambito di un procedimento della Dda di Ilda Boccassini sono state assegnate anche al Dipartimento sui reati contro la pubblica amministrazione, di Robledo è responsabile. Per questo è stata «del tutto pretestuosa» la sua richiesta di un anno dopo di avere in visione tutti gli atti, così come «inammissibile nella forma e nella sostanza» l’istanza di un mese prima di trasferire in esclusiva l’indagine al suo Dipartimento.«Pur essendo costantemente informato del fatto che era in corso un’attività di pedinamento e controllo su uno degli indagati, svolta da personale della polizia giudiziaria, Robledo ha disposto analogo servizio delegando ad altra struttura della stessa Guardia di finanza e solo la reciproca conoscenza del personale, che si è incontrato sul terreno, ha consentito di evitare gravi danni alle indagini». Non solo, inviando il mese scorso al Csm copie di atti di questo procedimento, allora ancora «in delicatissima fase di indagine», Robledo «ha posto a grave rischio il segreto delle indagini».Ma se il rapporto Bruti-Robledo sembra ormai definitivamente compromesso, non mancano distinguo da parte di altri magistrati della procura. Uno degli aggiunti storici, Ferdinando Pomarici, ascoltato ieri dal Csm, ha ribadito le sue perplessità già messe nere su bianco in una lettera al procuratore, sull’assegnazione per esempio del fascicolo Ruby a Boccassini: una scelta «anomala», vista la palese estraneità alle competenze dell’antimafia.