Ogni giorno nel nostro Paese 25 persone scompaiono nel nulla. Lasciano tutto: affetti, amori, lavoro e si disconnettono dalla vita. Per cercarne una nuova. Magari in fuga da se stessi. Per ricominciarne un'altra diversa abbandonando il fardello di matrimoni finiti, fallimenti professionali, promesse non mantenute, illusioni svanite. Il 70% di chi scompare lo fa volontariamente e difficilmente torna indietro. Il resto delle fughe sono frutto di patologie gravi, omicidi occultati o altri crimini. La crisi, poi, ha fatto il resto e negli ultimi due anni il numero dei "missing" è in aumento. Sono 27mila le persone scomparse dal 1974 al 2013 in Italia secondo i dati forniti dal Commissario straordinario del governo. Di questi, 10mila di nazionalità italiana e 17mila straniera; 15mila maggiorenni e 12mila sotto i 18 anni. Le regioni dove si contano più casi di persone scomparse sono il Lazio (6.580) e la Lombardia (3.500). Nei casi di suicidio si parla di rinuncia alla vita, in questi casi gli psicologi parlano invece di uscita dalla vita. Per i familiari degli scomparsi la vita si ferma, invece, rimane inchiodata a quel giorno, a quell'ultima traccia che li lega a chi ha voluto rompere con il passato. Da quel momento inizia un'esistenza scandita dai continui sguardi al telefono che non squilla, dalle segnalazioni di chi ha riconosciuto lo scomparso in posti improbabili, dai mesi che passano senza che l'incubo svanisca. Dall'impossibilità di elaborare un dolore del genere, Gabriele Schiavini, 74 anni ex dirigente di banca, ha trovato la forza per mettere in piedi una macchina più efficiente per la ricerca delle persone scomparse, un "gigante" come lo chiama lui che pian piano si muove. Dal 2008 è uno dei responsabili dell'Associazione Penelope. Oltre al Commissario governativo che ha compiti di coordinamento tra i vari enti, dal 2012 c'è anche la legge 203. Norma importante che per funzionare bene, però, ha bisogno di strumenti, come una banca dati per incrociare i dna degli spariti con quelli dei cadaveri non identificati (ben 850). «A scegliere di sparire sono più gli uomini delle donne - spiega Schiavini - molte volte per la vergogna di aver perso il lavoro e di sentirsi fuori gioco».