Ricerca italiana. Sclerosi multipla, ora la cura si avvicina
Il gruppo di ricercatori dell'Ospedale San Raffaele di Milano
Sanno fiutare le zone danneggiate dei tessuti e, come fossero dei pompieri, vanno a “spegnere l’incendio”. Non solo. Sono anche “intelligenti”. Perché, bloccata l’emergenza, creano le condizioni per ricostruire ogni parte distrutta.
È questa la straordinaria scoperta cui sono giunti, dopo 20 anni di studi, gli scienziati dell’Ospedale San Raffaele di Milano, osservando le cellule staminali neurali (prelevate dal cervello) impiegate contro la sclerosi multipla progressiva, nella prima sperimentazione al mondo – chiamata Stems - di cui si è appena chiusa, con successo, la fase 1. Quella cioè che garantisce la sicurezza e la tollerabilità del trattamento.
In questa fase i ricercatori della Neuroimmunologia e del centro Sclerosi multipla del nosocomio milanese, hanno osservato una riduzione della perdita di tessuto cerebrale, nei pazienti trattati con il maggior numero di staminali, e una «variazione del profilo proteico nel liquido cerebrospinale in senso neuroprotettivo».
Un dato di estremo interesse, che ha trovato spazio sulla rivista Nature Medicine (QUI IL LINK), e che avvicina, anche se in tempi non brevissimi, una terapia potenzialmente in grado di bloccare la progressione della malattia e, possibilmente, di favorire la rigenerazione delle aree del sistema nervoso danneggiate. Ma bisognerà prima svolgere le altre due fasi della sperimentazione. Allargando la platea dagli attuali 12 a decine di pazienti. «Inizieremo quest’anno», dice il coordinatore dello studio, il neuroscienziato Gianvito Martino, direttore scientifico del San Raffaele e prorettore alla Ricerca dell’Università Vita-Salute San Raffaele. Colui che, da visionario, già alla fine degli anni ’90, ha creduto nell’impiego di queste staminali fetali, ovvero cellule progenitrici in grado di specializzarsi in tutti i tipi di cellule nervose. E che, nel video che segue, spiega l’importanza della ricerca.