Attualità

Clima. La neve non basta, il ghiacciaio dell'Adamello ha perso 3 metri di spessore

Enrico Negrotti mercoledì 11 dicembre 2024

Ghiacciai alpini “in ritirata” nel 2024 nonostante le nevicate tardive della scorsa primavera. Lo segnala il rapporto “Gli effetti della crisi climatica su ghiacciai, ambiente alpino e biodiversità” realizzato da "Carovana dei ghiacciai", la campagna internazionale di Legambiente, in collaborazione con il Comitato glaciologico italiano e Cipra Italia, rappresentanza nazionale dell’organizzazione non governativa internazionale (con sede principale nel Liechtenstein) “Commissione internazionale per la protezione delle Alpi”. Il ghiacciaio simbolo, segnala il rapporto, è l’Adamello, il più grande d’Italia, che ha perso tre metri di spessore nel settore frontale, e ha fatto registrare gli effetti della fusione sino a 3.100 metri di altitudine.

Il rapporto è stato presentato all’Università di Milano-Bicocca, in occasione della Giornata internazionale della montagna. Legambiente segnala che nel 2024 i ghiacciai alpini si sono assottigliati e sono quasi tutti in forte arretramento, con impatti su ecosistemi e biodiversità. Oltre a quello dell’Adamello, hanno perso spessore il ghiacciaio del Careser (Gruppo Ortles-Cevedale), circa 190 centimetri in media; ei ghiacciai della Vedretta Lunga (Val Martello) e delle Vedretta di Ries (Valle Aurina), tra 150 e 200 centimetri.

Non meno preoccupante la riduzione del ghiacciaio Ciardoney (Gran Paradiso) che ha perso 1.050 millimetri di acqua equivalente; del ghiacciaio del Grand Etrét (Valsavaranche) meno 1.200 millimetri; del ghiacciaio di Timorion (Valgrisenche) meno 654 millimetri. L’unico ghiacciaio in controtendenza positiva è quello del Montasio in Friuli-Venezia Giulia, che è aumentato di 200 millimetri di acqua equivalente.

«La perdita di massa che stanno subendo tutti i ghiacciai dell’arco Alpino viene – osserva Valter Maggi, presidente del Comitato glaciologico italiano e docente di Geomorfologia all’Università di Milano-Bicocca – ha portato alla scomparsa di numerosi piccoli ghiacciai specialmente nei massicci montuosi a minore quota. Questa perdita sta modificando in modo drammatico il paesaggio montano, la disponibilità della preziosa riserva d’acqua, andando a impattare sulle comunità locali già colpite dai cambiamenti climatici».

Legambiente osserva che «a pesare sul precario stato di salute dei ghiacciai alpini una crisi climatica che nel 2024 ha accelerato il passo, con caldo record e zero termico in quota in grado di annullare i benefici delle nevicate tardive di questa primavera; ma anche con 146 eventi meteo estremi, registrati da gennaio a dicembre 2024 sull’arco alpino, che hanno reso più fragile la montagna. Lombardia (49), Veneto (41) e Piemonte (22) le regioni più colpite». La responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di Cipra Italia, Vanda Bonardo, lamenta che «dopo gli anni critici del 2022 e del 2023, segnati da gravi perdite di massa glaciale non solo sul versante meridionale dell’arco alpino, il 2024 non ha portato il miglioramento sperato».

Gli effetti sulla biodiversità riguardano anche flora e fauna. Tra le specie più a rischio, segnala Legambiente, figurano i camosci, in crisi soprattutto in giugno, quando le femmine che hanno partorito e allattano hanno un maggiore fabbisogno energetico e trovano meno cibo. Ma in difficoltà sono anche la lepre bianca, l’ermellino e la pernice bianca, perché la mancata corrispondenza – richiama Legambiente – tra la stagione della neve e la muta espone questi animali a una maggiore visibilità. A rischio anche alcune piante specializzate che stanno perdendo il loro habitat.

Legambiente torna a proporre l’adozione di politiche di adattamento nazionale e regionale e avanza un pacchetto di dodici proposte – sei più generali, sei specifiche per l’area alpina – per una azione europea che prenda il via già nel 2025, proclamato dall’Onu Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai.