La trattativa . Scintille tra Salvini e Di Maio. In palio l'incarico di premier
La trattativa per il governo non decolla. Dopo i segnali di fumo, le reciproche attestazioni di affidabilità fra Lega e M5s, sull’onda del successo nella trattativa lampo per la presidenza delle Camere, ora ognuno torna a marcare il proprio territorio. A increspare le acque, per M5s, è Alfonso Bonafede, il candidato alla Giustizia nel governo pentastellato, che avverte: «Per noi non si può prescindere dalla presenza di Luigi Di Maio come candidato premier», ribadisce. Quanto al reddito di cittadinanza, su cui aveva aperto Salvini, «Beppe Grillo parla di una proposta che in questo momento non può essere realizzata », ammette. Tuttavia, se non una misura universale, «un reddito di cittadinanza lo abbiamo promesso ai nostri elettori e rimane una nostra priorità da portare avanti, senza se e senza ma», assicura Bonfade.
Salvini nel pomeriggio è a registrare Porta a Porta . La replica la indirizza direttamente al candidato premier pentastellato. «Non puoi andare al governo dicendo 'o io o niente' altrimenti che discussione è? Se Di Maio dice 'o io o nessuno' sbaglia, perché a oggi è nessuno ». E in serata ecco Di Maio prendere la parola, in prima persona. «Il premier deve essere espressione della volontà popolare. Il 17 per cento degli italiani ha votato Salvini premier, il 14 Tajani, il 4 Meloni», ricorda. E «oltre il 32 per cento ha votato il Movimento 5 Stelle e il sottoscritto come premier. Non mi impunto per una questione personale, è una questione di credibilità della democrazia», spiega. «Io farò di tutto affinché venga soddisfatta», avverte. E con un intervento dal sapore ufficiale, sul Blog delle stelle, manda un segnale che - nel giorno dell’incomunicabilità - sembra proprio diretto a Salvini: «Se qualche leader politico ha intenzione di tornare al passato creando governi istituzionali, tecnici, lo dica subito. Non ci presteremo al gioco di portare a Palazzo Chigi gente che in campagna elettorale non si è mai vista».
Poi all’assemblea dei gruppi rincara la dose: «Dire agli italiani e a chi ci ha votato 'guardate ci siamo sbagliati, a palazzo Chigi ci va un altro' sarebbe l’ennesimo tradimento agli italiani». Ma quello di Salvini, più che altro, era un invito a riflettere, dopo i ripetuti segnali lanciati lunedì, quando il leader della Lega aveva detto che se non fosse toccato a lui non ne avrebbe fatto un dramma, non sarebbe andato via «con il pallone». Ma, nel giorno in cui il M5s marca il suo territorio, lui non rinuncia a fare altrettanto. E se Di Maio torna ad attaccare Forza Italia con l’accusa dei 60 voti mancati nell’elezione di Fico nel segreto dell’urna, Salvini ribadisce che se la richiesta pentastellata sarà quella di tener fuori Forza Italia la risposta sarà un arrivederci. «È chiaro, assolutamente sì», replica a Bruno Vespa che glielo chiede. Grillo e Di Maio avvertiti.
Tuttavia Salvini resta ottimista, e indica anche una scadenza: «Spero che entro un mese qualcuno possa giurare al Quirinale ». E promette: «Farò il possibile». Una giornata, insomma, in cui emergono tutti i nodi che rendono difficile un’intesa che solo lunedì sembrava già alla portata, ma che non interrompe il feeling fra i due 'vincitori'. «Non li conoscevo bene. Ho scoperto che nel M5s ci sono persone ragionevoli e costruttive», torna a dire Salvini. Convinto che l’interesse a far presto sia comune fra le due forze premiate dalle urne. «So benissimo che anche Di Maio ha voglia di fare in fretta perché abbiamo preso i voti per governare», dice il leader del Carroccio annunciando un incontro con il leader dei pentastellati «la Settimana prossima» da tenersi «in campo neutro, alla Camera o al Senato», annuncia. Il nodo quindi resta quello dell’unità del centrodestra. Andando per delegazioni separate Di Maio è pronto a chiedere a Mattarella un trattamento da partito di maggioranza relativa. Salvini sembra chiudere la partita, e in modo negativo: «Io ero disponibile a entrambe le scelte ma se loro preferiscono così andremo ognuno per conto proprio».
Ma dopo il rilancio di Di Maio il centrodestra fa ancora in tempo a cambiare idea. In ogni caso al Quirinale nessuna decisione ufficiale è stata comunicata e, in vista delle consultazioni che inizieranno dopo Pasqua, per domani uscirà il calendario degli incontri. Mattarella, naturalmente, segue con attenzione l’evolversi del dibattito politico alla ricerca di una soluzione piena, chiara, che eviti la liturgia di un pre-incarico di ricognizione. Ma per ora nessun segnale diretto dai partiti è ancora arrivato.