Terzo polo. Scintille tra Renzi e Calenda. Partito unico in bilico
Matteo Renzi e Carlo Calenda
I due protagonisti non si parlano direttamente. Ma da un social all'altro negano passi indietro. «Per quanto concerne Azione la prospettiva di un partito liberal-democratico aperto e inclusivo resta l'unica utile al Paese. Va perseguita seriamente e rapidamente con i soggetti realmente interessati. Polemiche da cortile non ci interessano e non vi prenderemo parte», scrive Carlo Calenda su twitter. Matteo Renzi convoca parlamentari e consiglieri regionali al Senato, deciso ad andare avanti con il progetto della fusione.
Voci incontrollate, dichiarazioni ufficiose, veline e tweet, però, mettono a rischio la sopravvivenza del Terzo polo, a pochi mesi dall’annunciato congresso costitutivo del partito unico. Di fondo c’è la difficoltà di rapporti tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, due “prime donne” che finora sono riuscite a non pestarsi i piedi grazie al “passo indietro” del leader di Iv. Ma negli ultimi giorni, prima ancora del flop delle regionali in Friuli, l’ex premier ha prima assunto la presidenza del suo partito, affidata dalle origini a Ettore Rosato, quindi la direzione politica del quotidiano di Alfredo Romeo “Il Riformista”.
Dietro a questi due fatti, resta la querelle sulla cassa che Italia viva non vorrebbe mettere in comune, trattandosi di un tesoretto cospicuo derivante dal 2x1000. Le accuse di Azione risuonano ufficiose nei corridoi. Su questo, però, il tesoriere del partito renziano Francesco Bonifazi ha chiarito che «Iv ha contribuito al momento per oltre 1 milione e 200.000 euro. Quanto al futuro del 2x1000 andrà ovviamente alla struttura legittimata dal congresso democratico». Mentre, aggiunge, «a differenza di quanto sussurrato da veline anonime, giova ricordare che Italia viva ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del Terzo polo, dalle politiche alle regionali in Friuli».
Ma se i soldi sono un argomento di peso, il protagonismo renziano riesce a esserlo ancora di più. Così il capogruppo alla Camera Matteo Richetti (braccio destro del leader di Azione), dopo le perplessità espresse dallo stesso Calenda nei giorni scorsi, ha ironizzato: «Quando mi telefona, Renzi mi parla del partito o mi intervista come direttore?». Il doppio incarico rischierebbe, secondo Richetti, di far confondere politica e informazione. Insomma, se Renzi insidia la leadership di Calenda, con questi «tatticismi insopportabili», come li definisce una fonte anonima calendiana, non si va lontano.
A negare frenate o incursioni di campo scendono tutti i rappresentanti di Iv. «Siamo pronti al congresso che Calenda vuole fare. E ci mettiamo nome e cognome. C’è qualcuno che cambia idea una volta al giorno, ma quel qualcuno non siamo noi», dicono Alessia Cappello e Ciro Bonajuto. «I tatticismi sono tutti di Calenda», anche secondo un altro renziano, Davide Faraone. Mentre Ivan Scalfarotto chiede che i dubbi vengano sciolti il 10 giugno al congresso «nel fisiologico gioco democratico».
E intanto da Iv si lavora per fare incontrare i due leader e metterli faccia a faccia per ricostruire un minimo di fiducia.