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La Missione . Il sogno dell'Europa non si ferma. Tra gli invisibili del Mediterraneo

Nello Scavo, inviato a bordo della nave Astral lunedì 8 ottobre 2018

È notte quando in lontananza una raffica di bagliori lascia finalmente distinguere il mare dal firmamento. Nel buio del mar libico sembra sia scoppiata una battaglia navale. Il meteo esclude lampi, il radar sembra cieco. «È una normale esercitazione navale notturna», assicura una fonte militare sulla terraferma. A queste latitudini non c’è mai niente di "normale". Neanche quando lo è davvero. Come i 2mila migranti intercettati negli ultimi giorni e per i quali si vorrebbe far calare il silenzio stampa.

Sul veliero Astral, consegnato da un facoltoso imprenditore italiano all’Ong spagnola Proactiva Open Arms, continuiamo a seguire le operazioni di monitoraggio nel Canale di Sicilia, dopo l’avvio di Mediterranea, la missione varata per accendere un faro sul silenzio informativo nel Mar Libico. In due anni le navi di Open Arms hanno salvato oltre 30mila persone; 15mila solo a bordo della Astral. È da qui che, incrociando le informazioni via radio, le fonti sul terreno, le comunicazioni ufficiali, arriva la notizia più scomoda: oltre 2mila persone hanno provato a raggiungere l’Europa nell’ultimo fine settimana. Buona parte di essi vi è riuscito.

Mediterranea, frettolosamente liquidata come una ragazzata di primo autunno, in realtà ha centrato il bersaglio. Nelle acque antistanti la capitale libica è scattata una gara a impedire di poter testimoniare quello che in realtà tutti sapevano: dalla Libia si salpa ancora. Con numeri ridotti, ma senza tregua.

È così che la Guardia costiera maltese, dopo avere sonnecchiato per anni, spesso scatenando vere crisi diplomatiche con l’Europa e l’Italia, senza preavviso ha deciso di presidiare la propria area operativa andando a recuperare fin quasi nel quadrante di ricerca e soccorso rivendicato da Tripoli i barconi dei disgraziati del mare. Due gli interventi nelle ultime quarantott’ore: 220 migranti soccorsi e portati nella piccola isola stato. Dal canto loro i libici, a costo di fondere i motori, hanno preso a pattugliare a ritmo di scorreria, cercando dietro ogni onda i migranti da riportare a terra. Operazioni da qualche giorno condotte con una insolita loquacità. La sequenza, basata su notizie fornite da fonte ufficiale a Tripoli, dovrebbe mettere a tacere chi sostiene che gli scafisti sono stati costretti a cambiare mestiere.

Il 3 ottobre 84 persone sono state intercettate da un pattugliatore delle forze armate di Zuara. Due giorni dopo nella stessa zona altri 30 vengono bloccati e riportati a terra dalla Guardia Costiera di Zuara. E stavolta sono le autorità a rivelare un particolare: il gommone è stato intercettato a 80 miglia dalla costa. Mai i barconi gonfiabili sono arrivati così lontano. Il 6 ottobre, quando la flottiglia umanitaria italiana si trova nell’area operativa, La Valletta soccorre 114 persone giunte in acque di competenza maltese beffandosi dei controlli delle marine militari libiche. Poche ore dopo sempre i maltesi soccorreranno un gruppo di circa 100 persone, portando sull’isola quasi 220 migranti. Domenica nel corso di due interventi le milizie del mare di Zuara hanno riportato a terra in due distinte operazioni 190 stranieri provenienti da Bangladesh, Sri-Lanza, Nigeria Sudan, Ciad ed Egitto.

Nelle stesse ore la Marina di Tunisi soccorreva 7 persone partite da Zarzis, recuperando anche un cadavere. Se a questi sommiamo la quindicina di tunisini sbarcati in Italia e i 12 che abbiamo incrociato venerdì e dei quali non si ha più notizia, vuol dire che quasi 560 persone hanno tentato di raggiungere l’Italia in meno di una settimana. Non è tutto. Il Salvamento Marítimo spagnolo negli ultimi quattro giorni ha portato sulla penisola iberica 1500 persone intercettate a bordo di oltre 30 barche. I trafficanti, in altre parole, stanno solo delocalizzando. In Libia, del resto, la materia prima non manca. L’agenzia Onu per le migrazioni (Oim) nell’ultimo report mandato in stampa alla fine della scorsa settimana spiega di avere censito 669.176 migranti nelle tre principali regioni libiche, mentre non si ha notizia di quanti siano imprigionati nei lager dei trafficanti di uomini.

Da tre giorni non c’è terra all’orizzonte. Stavolta Oscar Camps, il carismatico fondatore di Proactiva, e il comandante italiano Riccardo Gatti, per scongiurare al massimo il pericolo di morti in mare hanno disposto la flottiglia esattamente come avveniva in passato sotto il coordinamento della Guardia Costiera italiana, la cui generosità ed eroismo sono oggetto della continua gratitudine dei volontari. «È un peccato – dicono – che li abbiano costretti ad arretrare, con loro le percentuali di morti in mare non erano neanche lontanamente paragonabili alle continue stragi di quest’anno». Da gennaio i morti e dispersi di cui si è avuta notizia sfiorano quota duemila.

Da due giorni la flottiglia umanitaria viene controllata anche dall’alto. Mare Jonio, il rimorchiatore messo in campo da Mediterranea, il veliero Astral e le due barche a vela Jana e Burlesque, coprono adesso l’intero quadrante davanti a Tripoli. Domenica un velivolo Hercules delle Forze Armate spagnole ha planato a bassa quota sulle nostre teste per circa un’ora. L’aereo è dotato di telecamere e apparecchi fotografici ad alta precisione. Nonostante svariati passaggi non ha mai voluto comunicare neanche con una delle tre navi a bandiera iberica. Al contrario, ieri mattina un velivolo britannico dell’operazione Sophia ha invece contattato Mare Jonio, che a bordo tra i volontari di Mediterranea conta anche su Erasmo Palazzotto, il giovane parlamentare siciliano eletto con Leu. Più che di una comunicazione si è trattato di un interrogatorio via radio. Il comandante non ha potuto fare altro che ripetere quanto è scritto nelle autorizzazioni rilasciate dalla Capitaneria di Porto di Augusta.

Nessuno può prevedere cosa accadrà nelle ore tra il tramonto e l’alba. Le coste libiche a est di Tripoli, da cui negli ultimi giorni sono avvenute diverse partenze, non sono un luogo tranquillo né sicuro. La Guardia costiera dell’Est, una delle troppe diramazioni della cosiddetta Guardia costiera libica, nelle ultime ore ha spento i motori. Fonti locali parlano di malfunzionamenti, in genere propedeutici alla richiesta di altri mezzi e nuove "risorse" ai Paesi Ue. Un portavoce della milizia che arruola circa tremila uomini, lo ha già fatto capire: «Da dieci mesi non riceviamo lo stipendio». Difficile sapere cosa ci sia di vero. Di certo c’è che il mare piatto e le rivendicazioni sindacali dei miliziani, sono da sempre il migliore alleato dei trafficanti di uomini.