Politica. Le mosse di Meloni, il ruolo di Forza Italia: la corsa per occupare il Centro
La premier Meloni e il vice premier Tajani
Veste i panni di premier quando si accredita europeista con Mario Draghi, da anni passepartout per l’Italia in Europa. Dopo ventiquattro ore, ieri, in qualità di leader di FdI, Giorgia Meloni riceve a Palazzo Chigi Alberto Núñez Feijóo, presidente del Partido Popular spagnolo. Tra i temi, secondo quanto trapela, ci si sofferma a lungo sull’immigrazione e in particolare sui risultati raggiunti dal governo italiano nel «contenimento dei flussi irregolari». Ma per la presidente del Consiglio si tratta soprattutto di un altro passo del percorso verso un approccio più moderato alla Ue, per non strappare con la maggioranza di Von der Leyen, tanto meno dopo la vicepresidenza e il portafoglio assegnati al commissario italiano Raffaele Fitto. Una scelta pragmatica, che la porta tuttavia a rassicurare gli amici preoccupati di Vox. Il tema dei migranti è senz’altro un terreno facile di confronto. Con Feijóo Meloni concorda sulla necessità di un nuovo approccio europeo. E il rappresentante spagnolo apprezza il Piano Mattei del governo italiano, con la rinnovata attenzione al Mediterraneo e all’Africa. Non manca un capitolo dedicato alla drammatica situazione del Venezuela, un tema sul quale le delegazioni di FdI e del Pp hanno lavorato insieme in questi giorni al Parlamento europeo con la risoluzione comune e la candidatura di Edmundo Gonzalez e Maria Corina Machado al premio Sacharov. Un “sodalizio” che segna dunque una nuova mossa nella linea pragmatica scelta in politica estera dall’inizio del mandato. E che sta dando i suoi frutti, come dimostra l’esito della partita dei commissari.
L’incontro di ieri, però, è stato in qualità di leader di partito. Tanto che dal Pd, Marco Furfaro ha lamentato la «continua confusione dei piani», perché in questo caso - dice - la premier avrebbe dovuto ricevere Feijóo nella sede di FdI: «Palazzo Chigi non è la dependance di via della Scrofa», lamenta l’esponente molto vicino alla segretaria dem Elly Schlein.E che si sia trattato di un faccia a faccia tra leader lo direbbe anche la fibrillazione provocata in casa di Vox, su cui proprio da via della Scrofa in serata è arrivata la precisazione ufficiosa. L’incontro con il presidente del Partido Popular spagnolo, si rende noto, rafforzerebbe anzi «il legame con le forze politiche di centrodestra in Spagna, già molto forte nel rapporto storico con Vox, che non è venuto meno dopo la scelta di Santiago Abascal di aderire a un altro gruppo parlamentare a Bruxelles». Anzi, continua l’indiscrezione, Meloni auspica che, «come in Italia, si possano creare sempre più esperienze vincenti di centrodestra unito». Per la premier si tratta comunque di un gioco di equilibrismo tra la destra-destra da cui proviene e che non vuole rinnegare, l’alleato leghista Matteo Salvini che si accredita come il depositario della linea sovranista e Antonio Tajani, che le ha fatto da apripista e garante con il Ppe, ma che - forte del suo ruolo - sta cercando di accrescere consensi, erodendo quel gap tra FdI e gli alleati che tiene saldamente in sella la premier. Anche il leader di FI ieri ha visto il collega del Partito popolare spagnolo (Pp), che non ha lesinato ringraziamenti per entrambi, sottolineando l’avvio di «uno scambio proficuo, per aver confermato il carattere europeista della sua politica e la sua fraternità verso la Spagna. Grazie anche a Tajani che da sempre è amico, difensore della Spagna e uno dei politici più importanti della nostra generazione». A dare ragione a Tajani sono poi i grandi rientri dei tanti parlamentari che avevano sposato il progetto del Terzo polo, traslocati tra Iv e Azione e infine riapprodati nel centrodestra. «L’obiettivo - dice il ministro degli Esteri - è quello di arrivare al 20 per cento alle prossime elezioni politiche». E il successore del Cavaliere (che sottolinea di avere ottimi rapporti con i figli di Berlusconi) si dice soddisfatto di chi, come i consiglieri comunali di Roma Rachele Mussolini (ex FdI) e Francesco Carpano (ex Azione), ha compreso il cuore della proposta degli azzurri «di costruire un nuovo spazio politico, tra Meloni e Schlein, una forza credibile, alternativa alla sinistra». Ma specifica che nessuna poltrona è stata offerta ai nuovi arrivati. Perciò, di fronte alla scelta di Carfagna, Costa e Gelmini di lasciare Azione - dopo la decisione di Carlo Calenda di sostenere Andrea Orlando in Liguria con il campo largo - Tajani mette in chiaro: «Forza Italia non è né un taxi né un albergo a ore». Se poi figliole e figlioli prodighi busseranno alla porta di Noi Moderati di Maurizio Lupi, «se si rafforza la maggioranza è sempre un fatto positivo», chiosa Tajani. Lupi, ovviamente, è più che soddisfatto. E anche la premier, che in ogni caso accrescerebbe consensi, ma senza vedere gonfiati i numeri degli azzurri. In questo quadro sempre più bipolare, specie in vista delle regionali (con turno unico e premio di maggioranza), prima Matteo Renzi e poi Carlo Calenda sono stati costretti a scegliere e hanno optato per il centrosinistra. Anche se per il momento nessuno, a parte la segretaria del Pd, osa più parlare di campo largo.