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Intervista. Lupi: «Alle Europee unire tutte le forze del Ppe nel solco di Berlusconi»

Angelo Picariello venerdì 16 giugno 2023

"La storia gli darà ragione. E il modo migliore per non disperdere l'enorme patrimonio che Silvio Berlusconi ci ha lasciato è ridare forza, insieme, all'area popolare del centrodestra, accettando la sfida affascinante che abbiamo di fronte costituita dalla prossima competizione Europea". Maurizio Lupi, leader di Noi moderati tende la mano a Forza Italia. Un invito a rimettere insieme, nel solco del grande federatore del centrodestra da poco scomparso, tutte le forze che si richiamano al Ppe.

Qual è il modo giusto per ricordare Berlusconi, una figura così poliedrica, e sicuramente controversa nella diversa percezione degli italiani?

Le parole giuste sono quelle dell’oggettività usate dall’arcivescovo Delpini nella sua omelia. È stato un uomo geniale, con una grande passione per la vita che lo ha portato ad accettare, e vincere, molte sfide in molti campi. Anche in politica, è stato un uomo di Stato pur essendo di parte e come tale non amato da tutti.

I suoi meriti maggiori?

Aver dato una “Casa” alle culture politiche cattolica, socialista, liberale, riformista e socialista che erano state spazzate via da Tangentopoli, dando vita a una democrazia dell’alternanza grazie al progetto politico che ha reso possibile attraverso il processo avviato nella destra con la svolta di Fiuggi e nella Lega che inizialmente, lo ricordiamo tutti, era per la secessione e aveva come slogan “Roma ladrona”.

Sul piano dei contenuti, quali sono i meriti che gli riconoscete?

Gli va riconosciuto di aver messo la persona al centro della sua azione politica, ponendo la libertà come punto fondamentale, di aver perseguito l’etica del fare, la società come protagonista della vita pubblica in una visione sussidiaria che abbiamo condiviso.

Tuttavia, nei momenti di maggiore successo, pensiamo al 2001, o al 2008, non è riuscito a dar vita a delle riforme profonde in grado di lasciare il segno.

Contesto una lettura che vorrebbe negargli una visione da statista. Tralasciando i primi due anni, dal 1994 al 1996, in cui la sua avventura politica era solo agli inizi, nelle successive esperienze al governo ci sono delle riforme, o delle opere, che hanno fatto la storia del nostro Paese, ne cito solo alcune: la riforma Sirchia che ha portato al divieto di fumo nei locali pubblici, l’Alta velocità, la patente a punti, la riforma Moratti della scuola, la legge Biagi sul lavoro, e in politica estera l’incontro di Pratica di Mare in cui George W. Bush e Vladimir Putin si stringono la mano favorendo una stagione di pace che oggi rimpiangiamo.

Ma le riforme istituzionali non sono mai andate in porto.

La riforma più importante che ha introdotto è una democrazia dell’alternanza alla quale non eravamo abituati: Prodi e Berlusconi hanno caratterizzato un’epoca. Non dimentichiamo che venivamo da una fase di grande crisi delle istituzioni in cui si era arrivati ad agitare il cappio in Parlamento. E anche sulle riforme istituzionali non è mancato il suo impegno, basti solo ricordare il discorso di Onna, nel 2009, ai tempi del terremoto dell’Aquila. Credo che sia davvero ingeneroso, ripeto, il tentativo che vedo da parte di alcuni di negargli il profilo di uomo di Stato.

Da qualche anno avete deciso di rimanere alleati ma distanti, fuori da Forza Italia. Qualcosa che non andava c’era, quindi.

C’è stata una divisione sulla sua scelta di ritirare la fiducia al governo delle larghe intese di Enrico Letta, per le note vicende legate agli effetti della legge Severino. Ma al di là di questo episodio diciamo che Forza Italia ha aperto la strada al modello dei partiti leaderistici che per loro natura sono legati alla forza o alla debolezza dei leader. Anche questo, probabilmente, ha portato in questa ultima fase a indebolire il peso della componente popolare dell’alleanza.

E ora, con la scomparsa del fondatore, proponete un nuovo inizio...

Ci sono tutte le premesse per raccogliere la sua eredità politica. La sfida viene dalla sua proposta di alleanza fra popolari e conservatori che governa in Italia e che si candida ad essere maggioranza in Europa. In questo schema il nostro compito è rafforzare la componente popolare di questo asse con i conservatori. Guardando indietro, a quello che Berlusconi ci ha lasciato, ora abbiamo davanti questa sfida affascinante per dar vita a un modello nuovo di Europa. Dobbiamo ripartire, noi popolari e moderati, con un nuovo patto federativo che tenga insieme tutte le componenti che fanno capo al Ppe. Occorre partire subito, per farci trovare pronti, insieme, all’appuntamento elettorale della primavera prossima.