Pedofilia, devastante piaga nazionale. Sono decine di migliaia gli orchi: insegnanti, allenatori, liberi professionisti. E preti: una percentuale numericamente minima rispetto ai 21mila pedofili accertati e soprattutto ai 40mila sacerdoti che tutti i giorni vivono con passione la loro vocazione, ma che dà scandalo proprio perché il crimine proviene da chi più di tutti deve proteggere gli inermi. La Chiesa oggi reagisce con energia, spesso più severamente della giustizia civile (ad esempio quando per i giudici il reato è ormai prescritto ma il colpevole viene dimesso dallo stato clericale). Per questo la trasmissione delle "Iene" di domenica sera, che ha riproposto la storia già molto nota di Nello Giraudo (prete della provincia di Savona, ridotto anni fa allo stato laicale per le orribili azioni commesse) sembra voler a tutti i costi camminare con la testa voltata all’indietro e non vedere ciò che da anni accade. In breve i fatti: le Iene danno voce a tre uomini (allora bambini) abusati da Giraudo, poi cercano di intervistare due vescovi e un cardinale – Domenico Calcagno – che nel 2003 scrisse al prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, l’allora cardinale Ratzinger, proprio per denunciare i comportamenti del sacerdote. In particolare fingono di voler intervistare su tutt’altro tema il vescovo Dante Lafranconi di Cremona (ma all’epoca dei fatti di Savona-Noli), per cambiare invece argomento una volta accese le telecamere (scorrettezza giornalistica della peggior specie). Le sconcezze dell’ex sacerdote indignano, ma le Iene sbagliano obiettivo, inducendo un sospetto che ha un effetto boomerang: "anche Ratzinger dunque sapeva". E certo che sapeva, e meno male. Perché è a lui che si deve il giro di vite che ha portato in carcere i sacerdoti pedofili (esattamente come i pedofili non preti), e infatti dopo i tempi necessari per appurare i fatti don Giraudo diventa il signor Giraudo (e successivamente sarà pure condannato dai giudici). «Per sua stessa volontà», denunciano le Iene. «No, su nostra pressione», risponde l’attuale vescovo di Savona-Noli, Vittorio Lupi, che guarda avanti: «Abbiamo risposto con la concretezza dei fatti alla piaga grave della pedofilia – afferma –. Il nostro intento era fare prevenzione perché questi episodi deprecabili non avvengano mai più». Per questo la diocesi dal 2011 ha iniziato un percorso con il Cismai, Coordinamento italiano contro gli abusi sull’infanzia (riconosciuto a livello internazionale anche da Unicef e Save the Children). Lo conferma il Cismai stesso: «Nel 2010 scrivemmo una lettera alla Cei rendendoci disponibili e il vescovo Lupi ha subito risposto, così è nato per la prima volta in Italia un corso per conoscere e contrastare il fenomeno tra i preti». «La piaga ha purtroppo attraversato anche la nostra Chiesa, ma questo percorso vuole andare oltre e non è certo limitato ai casi savonesi o che riguardano i sacerdoti – sottolinea Lupi –. Anche se fossimo una diocesi non coinvolta da queste tristi vicende, sarebbe stato comunque utilissimo intraprendere un cammino del genere volto alla prevenzione. Gli esperti del Cismai ci ricordano che la pedofilia si può annidare anche nelle famiglie, nelle scuole, nelle palestre».Proprio ieri a Tgcom24 monsignor Charles Scicluna, l’ex promotore di giustizia della Santa Sede che sarà ricordato per il pugno di ferro contro i preti pedofili, testimoniava il ruolo del Papa emerito: «Fin dall’inizio della nuova ondata di scandali è stato Ratzinger a decidere. Aveva già incontrato le vittime sulla carta leggendo quello che avevano sofferto. Poi ha voluto essere pastore vicino a questa gente ferita. La difesa più grande che possiamo fare è assicurare alla gente che noi non nasconderemo niente».