Migranti. Sea Watch, ad Agrigento l'inchiesta anche su ordini e direttive del Viminale
Nel gioco delle mezze verità non bastano le carte bollate a separare il vero dal falso. Così ieri, in modo "informale", il Viminale sembrava voler smentire l'esistenza di una inchiesta che avesse in oggetto anche le modalità con cui sono stati dati gli ordini alla Sea Watch, lo scorso 15 maggio, quando la nave si rifiutò di restare al largo ed entrò a Lampedusa dove, poco dopo, su ordine della procura di Agrigento, vennero sbarcati i migranti e sequestrato il vascello. Pochi giorni dopo, non ravvisando condotte criminose, la nave umanitaria è stata riconsegnata all'equipaggio.
Il ministero delle Infrastrutture, rispondendo a una richiesta di accesso civico agli atti, ha risposto precisando di non poter fornire la documentazione e neanche la copia delle comunicazioni con la centrale di coordinamento dei soccorsi, perché materiale sottoposto a indagine della Procura di Palermo. In realtà l'inchiesta è condotta dai magistrati di Agrigento, come ha precisato questa mattina sempre il Comando generale delle Capitanerie di porto con un messaggio all'avvocato Alessandra Ballerini, che originariamente aveva presentato l'istanza di accesso. Un errore di trascrizione, quello del ministero guidato da Danilo Toninelli, che non cambia la sostanza. Non a caso nella nota con cui l'Ufficio scrivente si assume la responsabilità dell'errore, parla di «parziale rettifica» della propria nota del 4 giugno (nella foto il confronto tra le due missive). Fonti giudiziarie confermano che in effetti Agrigento ha un fascicolo aperto che contempla l'esame delle direttive e degli ordini impartiti su ordine politico ai militari che li hanno poi trasmessi alla Sea Watch.
A infittire il giallo c'è però la risposta del Viminale alla richiesta di accesso agli atti. Come in quasi tutti gli altri casi viene respinta l'istanza, ma con una motivazione opposta a quella del ministero delle Infrastrutture. Non solo non viene mai menzionata alcuna inchiesta, di cui pure al ministero dell'Interno dovrebbero essere a conoscenza, ma viene accampata la copertura di quella sorta di "segreto di stato". Se da un lato al Gabinetto del Viminale "non risulta" l'avvio di una inchiesta, dall'altro ribadisce di non poter consegnare alcun documento perché trattandosi di "immigrazione irregolare", il caso attiene alla sicurezza nazionale e pertanto le informazioni non possono essere divulgate. Non è la prima volta che i due ministeri forniscano motivazioni discordanti.
I reati ipotizzati nell’indagine dei magistrati di Agrigento non sono noti. Ma di certo la polizia giudiziaria ha acquisito gli atti del ministero dell’Interno e quelli del ministero delle Infrastrutture per il caso della Sea Watch, arrivata a Lampedusa dopo il soccorso di 65 persone salvate il 15 maggio.
L’avvocato Alessandra Ballerini aveva chiesto per conto dell’Associazione Diritti e frontiere (Adif), la consegna del «contenuto dei provvedimenti emessi e delle comunicazioni trasmesse, a far data dal 15 maggio scorso, da parte del ministero dell’Interno, ovvero, del ministero delle Infrastrutture», in riferimento al «divieto di approdo delle nave nei porti italiani». I migranti vennero poi fatti sbarcare su ordine della procura di Agrigento, che aveva aperto un’inchiesta indagando il comandante della nave umanitaria, che aveva disobbedito all’ordine di non avvicinarsi ai porti italiani, accertando poi che l’equipaggio non aveva commesso alcun reato e aveva agito nell’interesse delle vite umane.
Intanto il tribunale dei ministri di Catania procede con l’inchiesta su un altro episodio avvenuto a gennaio tra Siracusa e Catania, ancora una volta con la Sea Watch al centro degli strali del ministro dell’Interno. In quella occasione, come rivelato da Avvenire pochi giorni dopo, avvennero una serie di anomalie e omissioni a danno dei minori non accompagnati. I magistrati etnei hanno già interrogato alcuni funzionari, tra i quali il capo di Gabinetto di Salvini, e i riscontri finora ottenuti sembrano confermare il contenuto delle inchieste giornalistiche su cui, inizialmente, aveva indagato la procura di Roma che poi aveva trasmesso gli atti in Sicilia.
Nel mirino della magistratura ci sono anche le ultime due direttive di Salvini: quella del 15 aprile con al centro la Mare Jonio, la nave di Mediterranea Saving Human, e quella del 15 maggio emanata subito dopo il salvataggio effettuato da Sea Watch.