ACCANTO AGLI ULTIMI. Sardegna, povertà triplicata in sei anni
La chiave di lettura del rapporto presentato ieri dalla Caritas sulla povertà in Sardegna l’hanno data i cento cassintegrati del Sulcis che, manifestando a Cagliari, hanno raggiunto il tribunale con l’intento di autodenunciarsi «perchè nei prossimi mesi saremo costretti a fare i delinquenti per mantenere le nostre famiglie», come ha detto Manolo Mureddu della Cisl. Tra i manifestanti, anche molti degli assistiti della Caritas, la quale proprio ieri ha diffuso un rapporto choc che presenta al Papa, a sei giorni dalla sua visita al santuario di Bonaria, il volto più dolente dell’isola.Il documento, sedici pagine di dati, parla di «crescita esponenziale» delle persone che si rivolgono alla Caritas: erano 2.199 nel 2007, prima della crisi, sono state 6.039 l’anno scorso e altrettante si sono rivolte ai 43 centri d’ascolto delle diocesi nei primi sei mesi del 2013. Sul piano statistico, il fenomeno si concentra nel Cagliaritano, nella diocesi di Tempio-Ampurias e nell’Oristanese, ma la Caritas sarda mette in rilievo la composizione di questa domanda, che diversamente da quanto avviene altrove è generata in larga maggioranza (73,6%) da italiani, mentre l’incidenza degli stranieri continua a scendere, così come quella delle donne, che pure restano il genere più fragile dal punto di vista lavorativo e rappresentano ancora il 56,4% delle richieste di aiuto.
Se si considera la fascia d’età, sono a rischio i quarantenni e i cinquantenni, a riprova delle cause economiche di questo impoverimento, anche se Raffaele Callia, direttore della Caritas di Iglesias e responsabile del servizio di studi e ricerche della Caritas regionale, ha messo in evidenza come tra le richieste pervenute ai centri d’ascolto non vi siano soltanto dei bisogni economici (35,6%) e occupazione (26,2). Per quanto la mancanza di lavoro resti il problema più ricorrente e la maggioranza delle domande d’aiuto continui a venire da disoccupati (65,6%), si pongono sempre più spesso problemi relazionali e affettivi, originati da separazioni e divorzi (un quinto delle richieste d’aiuto). La vulnerabilità della famiglia sarda va di pari passo con il suo forte ruolo anti-crisi: la maggior parte dei poveri che si rivolgono alla Caritas - per ricevere viveri, come per pagare una bolletta - vivono con i propri famigliari, il che significa che è la famiglia a fare fronte, nel quotidiano, all’impoverimento della società e sono specialmente le donne a farsene espressione, poiché sono più spesso loro a rivolgersi ai centri d’ascolto. Inoltre, sempre più spesso, anche in Sardegna si precipita nella povertà per i debiti: è la causa delle richieste d’aiuto per il 2,8%, dato raddoppiato in quattro anni e che si combina con la diffusione del gioco d’azzardo.
I ricercatori concludono ricordando che fin dal 2011 la Caritas aveva avanzato delle proposte per fermare questa deriva che già coinvolge, secondo i dati Istat, 147mila famiglie sarde. «Non solo misure ad hoc, ma anche un efficace sistema di welfare integrato» è la prima di queste indicazioni, seguita da quella di abbandonare le politiche universalistiche per «progetti differenziati, che prevedano, da parte del beneficiario, il rispetto di un vincolo di reciprocità proporzionato alle sue possibilità». Ma soprattutto, la Caritas sarda spezza una lancia in favore dei servizi pubblici locali, definendo «dispersivi» gli interventi erogati a livello centrale, e chiede che i primi abbiano «maggior peso economico e protagonismo gestionale». Al contrario, «nel 2010, dei 62 miliardi destinati alla protezione sociale - ricorda il rapporto - lo Stato ne ha gestiti a livello centrale l’80%».