Attualità

LA DENUNCIA. La sanità in rosso penalizza i disabili

Luca Liverani mercoledì 20 gennaio 2010
I piani di rientro nelle regioni con pesanti disavanzi in sanità stanno colpendo i disabili. Perché i tagli alla spesa sanitaria, che intervengono allo stesso modo sui budget di ospedali e servizi assistenziali, si stanno ripercuotendo in modo di gran lunga più pesante sui portatori di handicap fisico o mentale. Succede nel Lazio, in Abruzzo, in Campania. E, con le modalità diverse di una regione autonoma, in Sicilia. Succede, anche se per cause diverse, in Sardegna. L’allarme arriva dalla Fish, la Federazione italiana per il superamento dell’handicap e dalla Comunità di Capodarco.I casi si moltiplicano, ma il copione è sempre lo stesso. Cooperative sociali, associazioni, realtà del terzo settore che non riescono più a erogare quei servizi che, per le famiglie con un disabile grave sono vitali. Oppure, per non chiudere, non pagano più gli straordinari agli operatori, li sottopagano, li tengono in nero. Con ripercussioni sulla qualità dei servizi erogati. Pietro Barbieri non nasconde la profonda preoccupazione. «Quando era ministro della Salute – dice il presidente della Fish – Maurizio Sacconi ripeteva che bisogna "ridurre l’ospedalizzazione per rilanciare il territorio". Cioè tagliare sugli ospedali per investire sui servizi. D’accordissimo. Purtroppo ora i commissariamenti in atto stanno tagliando in modo orizzontale. Chi ne fa le spese è proprio il territorio, da sempre il fratello povero dell’ospedale. Un posto letto in corsia costa come minimo 200 euro al giorno, un servizio territoriale al massimo 50».Barbieri cita don Lorenzo Milani: «Nulla è più ingiusto – ricorda – di fare parti uguali tra diseguali». L’aspetto paradossale, sostiene la Fish, è che proprio nelle regioni con la sanità commissariata il governo avrebbe la possibilità di realizzare la deospedalizzazione in favore del territorio. «Gli atti amministrativi delle Regioni commissariate vengono votate dal Consiglio dei ministri. Ma nessun commissariamento sta seguendo questa logica. Agiscono in direzione assolutamente contraria».Come nel Lazio. Racconta don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco: «Le ripercussioni sui servizi ai disabili ci sono sia sul fronte delle convenzioni che su quello dei bandi annuali». Le convenzioni non hanno bisogno di essere rinnovate di anno in anno, quando erogano servizi per bisogni riconosciuti. Il problema nasce quando il budget resta uguale da anni, nonostante la crescita dei costi del personale per i periodici rinnovi contrattuali. «La Regione Marche – dice don Albanesi – dal 2001 a oggi ha aumentato i fondi del 10,2%. Il Lazio non li rivede da otto anni».Il secondo ordine di problemi sorge con l’introduzione dei bandi. «È la via che sta percorrendo in maniera massiccia, ad esempio, il Comune di Roma, che indica dettagliatamente tutte le figure professionali richieste e la quota finanziata. Per servizi di un anno, ma anche solo otto mesi. C’è stato un bando che non specificava il budget, lasciando intendere che sarebbe stato lo stesso dell’anno prima. Peccato che il 24 dicembre è stato tagliato dell’8%». Il risultato? Servizi discontinui e cooperative che risparmiano sul personale. Il tutto a scapito della qualità dei servizi. Non dappertutto è così: «Nella regione in cui vivo, le Marche, c’è un budget chiaro, aggiornato con i rinnovi contrattuali, pagamenti puntuali. Così come, ed è giusto, le verifiche sulla sicurezza e i controlli sul personale».Poi c’è la Sardegna. Proprio ieri a Cagliari centinaia di disabili e operatori, assieme a molti assessori comunali e provinciali alle politiche sociali, hanno manifestato davanti al Consiglio regionale contro la delibera della Giunta che taglia di 1.000 euro a famiglia il finanziamento per i non autosufficienti. «Una scelta assolutamente sciagurata», commenta Barbieri della Fish. «Qui non ci sono piani di rientro. È una scelta politica che dirotta su altri capitoli di spesa i soldi per il fondo per la vita indipendente, con cui la Sardegna aveva deciso di pagare l’assistenza domiciliare o assegni di cura alla persona». Un provvedimento bipartisan portato a modello in Europa, che ora la giunta targata Pdl del governatore Ugo Cappellacci sta mettendo seriamente in discussione.