Sanità . Regione Lombardia, riforma che fa discutere
Malati cronici? Per loro in Lombardia, a partire da gennaio, cambierà tutto. Questo per effetto della riforma sanitaria che la maggioranza di centrodestra ha approvato in Consiglio regionale nei mesi scorsi. Il provvedimento interesserà ben 3 milioni di cittadini lombardi. E se non è in discussione il fatto che la riforma, dopo tanti anni, includerà anche i bisogni di chi è affetto da malattie croniche, come il diabete o altro, in discussione invece, da parte di medici e sindacati, c’è il modello con cui si vuole garantire le prestazioni ai pazienti.
Una battaglia senza esclusione di colpi, con i sindacati dei medici che hanno già provato a chiedere al Tribunale amministrativo regionale – ma è stata rifiutata – una sospensiva all’introduzione del nuovo modello di assistenza.
Ma qual è il nodo del contendere? Sicuramente sullo sfondo c’è un aspetto politico, che da sempre divide il centrodestra dal centrosinistra, ovvero "quanto e come" i privati, in regime di convenzione, possono o meno aumentare gli standard del sistema sanitario e incidere sui costi.
Nello specifico, invece, è il fatto che la riforma lombarda prevede l’introduzione, per l’assistenza ai cronici, della figura del gestore o del co-gestore, dove quest’ultimo, sempre un medico, lavorerà assieme ad un ospedale pubblico o privato accreditato al sistema sanitario regionale. Il gestore potrà essere un medico di medicina generale, in particolare il medico di base, oppure una società, che ovviamente per la sua natura sociale potrà assistere migliaia di malati. I medici di base potranno attingere da un bacino di circa 2 milioni di pazienti cronici, ovvero solo quelli che sono affetti da una e una sola patologia. Nel caso il malato abbia più disturbi a quel punto deve essere curato da una organizzazione complessa.
Secondo Regione Lombardia i vantaggi per il paziente saranno diversi, non dovrà infatti più preoccuparsi dell’aspetto burocratico della sua condizione: non dovrà più farsi prescrivere le ricette mediche, prenotare le visite periodiche o altro ancora. Penserà a tutto il gestore. Il paziente sarà così in contatto quindi con due figure: per la cronicità con il gestore, per tutto il resto il medico di base.
E i lombardi cronici in queste settimane stanno ricevendo le lettere da parte del sistema sanitario regionale, con le quali vengono invitati a scegliere il proprio gestore.
Ed è qui che è scattata la protesta dei sindacati di categoria e della maggior parte dei medici di base. Il ragionamento è presto detto: i medici di base si sentono sminuiti nel loro ruolo dall’introduzione della riforma. Non solo, la "terzializzazione" del servizio potrebbe avvantaggiare i grossi gruppi privati, i soli che ragionando sui grandi numeri possono offrire da un lato un servizio a costi più bassi per la Regione ma - è una delle accuse - anche servizi non personalizzati ma standardizzati, senza una valutazione su misura sui casi più complessi. Tuttavia, senza i tetti di spesa e l’appropriatezza delle cure, la sanità pubblica rischierebbe di vedere i suoi costi lievitare e contestualmente aumentare la copartecipazione dei cittadini, ovvero i ticket.
Già perché la Regione intende rimborsare per la presa in carico dei pazienti la cifra di 40 euro, troppo pochi per molti medici di base, rapportarti ai costi e agli impegni della professione. Vero anche che non ci sono solo i privati come "organizzazioni sanitarie complesse", ma anche le ex aziende ospedaliere, cioè le nuove Asst (Aziende sociosanitarie territoriali). E in Lombardia la rivolta è guidata da Milano. Luogo in cui, tra città e hinterland, i cronici sono 430mila e dove fino adesso sono stati seguiti dai medici di base, dagli ospedali e dai poliambulatori. Proprio sul territorio metropolitano milanese c’è la gran fetta di medici – 7 su 10 – che hanno detto «no» alla riforma di Regione Lombardia. Molti hanno fatto pure un appello ai pazienti, dicendo loro, in parole povere, di rifiutare il gestore.
Un atteggiamento che non è piaciuto a Regione Lombardia che ha minacciato ritorsioni. La ribellione dei medici potrebbe infatti mettere in crisi la Regione. La domanda dei pazienti, per esempio, si potrebbe riversare tutta sugli ospedali, creando una congestione in un luogo che più che fare funzione di ambulatorio ha il compito di occuparsi delle emergenze. Insomma il tempo stringe, visto che tutto deve essere pronto fra poche settimane.