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Roma. Caso Sangiuliano, la versione di Maria Rosaria Boccia: «Ministro sotto ricatto»

Vincenzo R. Spagnolo giovedì 5 settembre 2024

Maria Rosaria Boccia intervistata da La Stampa.it

La movimentata telenovela politico-mediatico-sentimentale di fine estate Sangiuliano-Boccia non accenna a chiudersi. Dopo le dimissioni respinte dalla premier, le lacrime di pentimento e le scuse in tv alla moglie per il breve love affair con la 41enne di Pompei, il ministro ritorna al basso profilo, tuffandosi nel lavoro e nell’organizzazione del G7 della Cultura. Non così Maria Rosaria Boccia, che in messaggio social e in un’intervista si produce nell’ennesima controreplica tagliente. «La stampa mi ha definita in molti modi: influencer, accompagnatrice, “una che si vuole accreditare”, millantatrice - scrive in un post su Instagram -. Ma chi ha davvero fatto gossip: io, lui, o “l’altra persona”, sfruttando un momento strategico per il Paese?».

La versione di Boccia: «Il ministro è sotto ricatto»

«Ho inizialmente mantenuto il silenzio stampa per rispetto delle istituzioni - scrive Boccia -. Ho scelto di parlare solo quando il vaso delle menzogne era colmo, limitandomi a contestare le falsità». Poi la frecciata: «Oggi vengo accusata di essere una ricattatrice, ma in realtà non sono io ad aver creato il ricatto. Sono coloro che occupano i palazzi del potere ad esercitarlo - incalza ancora - . Il potere ha spinto il Ministro alle dimissioni per poi respingerle, all'interno di una strategia cinica volta a tenere in ostaggio la cultura italiana in un momento di visibilità internazionale». A sera, poi, è il sito della Stampa a diffondere stralci di un’intervista da lei concessa, in cui Boccia afferma che «il ministro ha divulgato informazioni non corrette. Ero sempre con lui, non in trasferte brevi ma lunghe. Lo accompagnavo da consigliera per i grandi eventi, ho fatto sopralluoghi pure per il G7. E ho sempre saputo che pagava il ministero, come possono sottolineare ed evidenziare le mail che ho ricevuto dal capo segreteria». La 41enne dice di aver accompagnato il ministri «come Consigliera per i grandi eventi» (incarico affidatole, ma poi non controfirmato). E quindi sferra una stoccata: « Ci sono alcune persone che ricattano il ministro per delle agevolazioni che hanno avuto». Un J’accuse al quale tuttavia il titolare della Cultura sceglie di non replicare rifugiandosi, come detto, nel lavoro ministeriale. E fino a sera non rimbalzano nelle agenzie neppure altre repliche da parte del centrodestra, che evidentemente ritiene la questione chiusa dopo la sortita televisiva di Sangiuliano.

Le opposizioni: il ministro riferisca alle Camere

Tuttavia, sul piano politico, per il ministro (e di riflesso per la presidente del Consiglio) la vicenda non può ancora dirsi archiviata. «Spiace ministro, ma non te la cavi così», attacca il capogruppo del M5s alla Camera, Francesco Silvestri. Gli fa eco il capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia: «Sangiuliano non dovrebbe più umiliare le istituzioni». Le forze d’opposizione insistono sulla necessità che il ministro riferisca in Parlamento, contestando la scelta dell’intervista e parlando di «TeleMeloni» (con Iv che lancia pure una petizione online per chiedere che il ministro lasci l'incarico). Formalmente, non c’è per ora una mozione di sfiducia a suo carico depositata in Parlamento, mossa che secondo Azione potrebbe rivelarsi un boomerang: «Per cementare un ministro inadeguato - ragiona Ettore Rosato -, il sistema migliore è presentare una mozione di sfiducia».

L’esposto di Avs in procura

Come in altre occasioni recenti riguardanti l’agire di ministri, anche nel caso Sangiuliano Avs decide di percorrere anche la via giudiziaria col deputato Angelo Bonelli, che deposita un esposto alla Procura di Roma, chiedendo alla magistratura di verificare se esistano gli estremi per ravvisare, nell’agire del titolare della Cultura, le ipotesi di reato di «indebita destinazione di denaro o cose mobili» e di rivelazione di segreto d’ufficio. «Nella ricostruzione del ministro, c’è qualcosa che non torna», sostiene Bonelli, «perché dice che le prenotazioni dei biglietti di viaggio le ha fatte e pagate lui. Ma Boccia ha pubblicato la mail del capo segreteria del ministro, con le carte di imbarco dei voli aerei fatte dalla segreteria del ministero». Insomma, chiede Bonelli, «a quale titolo la dottoressa Boccia ha usufruito di servizi e mezzi dello Stato non avendo alcun ruolo nel Ministero della Cultura?». E «come è stato possibile che sia venuta a conoscenza di informazioni e documenti riservati e comunque coperti dal segreto d'ufficio come le mappe per la visita dei ministri della Cultura del G7 a Pompei, ponendo un problema serio di sicurezza?». Interrogativi che il deputato di Avs pone alla procura di Roma affinché venga valutata «la rilevanza penale» di quei fatti.