Mentre il nuovo management lavora al salvataggio dell’Ospedale San Raffaele, l’inchiesta sulla morte di Mario Cal procede spedita. Questa mattina, a Milano, sarà eseguita l’autopsia dell’ex vicepresidente della Fondazione San Raffaele che si è tolto la vita lunedì sparandosi un colpo di pistola alla testa. La dinamica dell’episodio appare chiara, tuttavia il sostituto procuratore della Repubblica, Maurizio Ascione, ha aperto un’indagine per istigazione al suicidio a carico di ignoti. Un «atto dovuto». Già poche ore dopo il decesso, il pm ha ascoltato i testimoni intervenuti a prestare i primi aiuti a Cal. Tra questi anche il responsabile della sicurezza dell’Ospedale San Raffaele che, per facilitare i soccorsi, ha spostato la pistola infilandola poi in un sacchetto. Ascione non esclude di ascoltare anche i vertici del gruppo - compreso lo stesso fondatore, il 91enne don Luigi Verzè provato dalla morte del suo alter ego - , per ricostruire i motivi di preoccupazione che hanno indotto Cal a spararsi. Motivi che sarebbero in larga parte riconducibili alla grave situazione debitoria dell’istituto che, però, secondo fonti della procura, non giustificherebbero il suicidio. Cal si sarebbe anche sentito «assediato mediaticamente» e avrebbe meditato a lungo di togliersi la vita. Il magistrato inquirente sta anche analizzando le due lettere lasciate dal dirigente alla moglie e alla segretaria; brevi scritti in cui avrebbe chiesto perdono. Inoltre, il nipote di Cal avrebbe dichiarato al pm che tre giorni fa lo zio si sarebbe informato circa la capacità della Smith & Wesson calibro 38, che Mario Cal deteneva legalmente, di ammazzare una persona. «Non mi ero reso conto delle sue intenzioni», avrebbe spiegato il nipote. Intanto, i riflettori restano puntati sulla situazione contabile della Fondazione. In seguito al suicidio di Cal i pm Luigi Orsi e Laura Pedio hanno acquisito fascicoli e documentazione appartenuta all’ex numero due. I debiti, stimati in oltre 900 milioni di euro, in parte dovrebbero essere ripianati dal nuovo gruppo dirigente. I termini dell’intervento finanziario della nuova compagine, però, non sono stati ancora comunicati ufficialmente nonostante l’avvenuto insediamento nel consiglio di amministrazione. Perciò al vaglio della Procura di Milano c’è l’ipotesi di avanzare un’istanza di fallimento. A questa decisione i magistrati arriverebbero qualora non si giungesse, in tempi strettissimi, a presentare un piano di ristrutturazione e rilancio. Venerdì è prevista la riunione del cda dell’istituto che pochi giorni fa ha visto il passaggio di consegne al management voluto dalla Santa Sede. Mentre lunedì prossimo l’azienda incontrerà i sindacati, «preoccupati » dalle vicende finanziarie della holding sanitaria. Il cda uscente avrebbe dovuto presentare entro ieri al tribunale fallimentare la domanda di concordato, così da evitare l’avvio delle procedure di fallimento. Il cambio dei vertici offre però alla Fondazione ancora qualche giorno di respiro prima di correre in tribunale a fermare il conto alla rovescia.