Attualità

LA STRAGE. San Giuliano ricorda Assenti le istituzioni

Pino Ciociola giovedì 1 novembre 2012
​I rintocchi della campana nel cimitero e, per ognuno, il nome dei bimbi che morirono dieci anni fa uccisi dalla loro scuola e un palloncino che sale in cielo, con un nastro rosa o azzurro. Alle 11 e 32, ieri mattina. C’è tutto il paese, ci sono studenti arrivati anche da Bari. C’è il Procuratore Magrone, ora in pensione, che seguì l’inchiesta. C’è, privatamente, l’ex-capo della Protezione civile Guido Bertolaso. I Vigili del fuoco, che al termine della cerimonia faranno suonare le loro sirene. Molti volontari che furono qui dal 31 ottobre 2002. Non c’è nessun esponente dello Stato, lo stesso che avrebbe dovuto proteggere quegli stessi piccoli. Solo un messaggio dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: «Il doloroso ricordo dei ventisette bambini e dell’insegnante che persero la vita, ancora impresso nella coscienza del Paese, impone alle istituzioni il massimo impegno per garantire la continuità di politiche d’intervento per la messa in sicurezza degli edifici scolastici».Cielo livido, ma pioverà soltanto dall’ora di pranzo. Silenzio. Dolore. Un dolore lungo tutta l’Italia, perché qui sono arrivati i genitori di chi morì nella strage di Viareggio e per il terremoto dell’Aquila, c’è Cinzia Scafiti, la mamma di Vito, ucciso dal suo liceo a Rivoli, i parenti dei ragazzi uccisi dall’aereo infilatosi nella loro scuola a Casalecchio di Reno. E ci sono i giovani di Libera. Chiedono tutti la stessa cosa: mantenere la memoria è vitale per un Paese, ma si fa poco o nulla per la sicurezza. E la giustizia rimane troppo spesso, quasi sempre, una sorta di chimera: «Vorremmo che chi la responsabilità delle tragedie, che non è mai della natura, avesse anche quella di affrontare un processo e una condanna. Se è un uomo».Durante la fiaccolata, a sera, le gocce di pioggia si confondono con altre lacrime. Che tocca il "Percorso della memoria", parte dalla scuola crollata, sfiora la grande palestra che fu l’obitorio e infine arriva al cimitero. Si prega. Ci sono le ragazze e i ragazzi sopravvissuti, che quel giorno erano bimbi e adesso sono quasi uomini e donne. «Non fu il terremoto che devastò la nostra esistenza. È stato l’uomo, la sua ingordigia dell’uomo e la sua distrazione», sussurra Antonio Morelli che è il presidente del Comitato delle famiglie: «I nostri ventisette bambini sono e vivono con noi e accanto a noi». E in questi «drammatici e tristi anni, ci hanno dato la forza per continuare ad andare avanti; ci hanno dato la forza per cercare di costruire un futuro migliore, senza dimenticare il passato».