Attualità

LA PARTITA CON LA LEGA. Berlusconi: «Salvo i piccoli Comuni e dimezzo i parlamentari»

Arturo Celletti e Marco Iasevoli mercoledì 24 agosto 2011
«Non ci sarà nessuna di­varicazione tra noi e la Lega. È vero, qualche volta Umberto esagera, ma tra me e lui c’è un accordo politico e un rapporto d’amicizia...». Silvio Berlusconi parte da qui per attenuare la crescente in­sofferenza dei suoi verso l’alleato del Nord e negare con decisione l’ipotesi di un patto anti Lega con il Terzo Po­lo. E le pensioni? Vanno o no riforma­te? Il Cavaliere fissa il suo interlocutore e alza gli occhi al cielo: «Sì, vanno rifor­mate. Ma è pura follia pensare di po­terlo fare senza il contributo del Car­roccio... E allora o Bossi capisce o noi potremo solo gridare la nostra insod­disfazione e denunciare la chiusura irresponsabile dei nostri alleati. Ma qui ci si ferma». Sono parole chiare. E chiaro è il messaggio politico che si a­gita dietro le nuove parole del Cava­liere: «Con la Lega salviamo il Paese e chiudiamo la legislatura». Ora la manovra è a Palazzo Madama, ma non è quella che ha in testa Ber­lusconi. Lui ha un altro progetto e lo spiega in mille telefonate private. «Il contributo di solidarietà non mi ha mai convinto. Se fosse per me lo can­cellerei senza pensarci nemmeno un secondo. Non vogliamo cancellarlo? Beh, lo modificheremo radicalmente, magari dando retta a chi mi dice di spostare l’asticella sopra quota 150mi­la».E la strada per farlo è una sola: au­mentare l’Iva. Per qualche istante il premier tace e chi è dall’altra parte del capo capisce che sono due i punti fer­mi: chiudere la partita in tempi rapi­di e correggere la manovra lasciando i saldi invariati. Berlusconi ancora u­na volta è chiaro: «I tecnici di Palazzo Chigi mi hanno dato delle indicazio­ni confortanti: con l’aumento di un punto di Iva possiamo cancellare la tassa di solidarietà e i saldi sarebbero addirittura migliori». Si studiano tut­te le soluzioni. Si valuta anche l’ipo­tesi di un aumento di un quarto di punto. Ma Berlusconi non si ferma qui e va avanti con la contromanovra: «Un’idea senza logica quella di accor­pare i piccoli Comuni. Per risparmia­re quattro euro siamo riusciti a man­dare su tutte le furie milioni di perso­ne. Ma ora decido io, ora si cambia». L’idea ancora non è chiara, ma a rive­lare qualcosa è Osvaldo Napoli, de­putato Pdl e presidente pro-tempore dell’Anci. «Se non è Pietro è Giaco­mo», confessa a denti stretti in dialet­to piemontese. A quanto pare i picco­li borghi non saranno tagliati, almeno non ufficialmente. Ma, lavorando di cesello sul testo degli Enti locali, ver­ranno costretti ad accorpare funzioni e a fare insieme «diverse cose», anzi, «tante cose». Una mediazione di cui si è fatto garante Calderoli, e che Berlu­sconi potrebbe benedire. Il vero colpo di scena potrebbe però arrivare da un’iniziativa che correreb­be parallela alla manovra. «Basta ten­tennamenti sul dimezzamento dei parlamentari. Il Pd dice di essere pronto, bene, sono pronto anche io. Possiamo farcela in tre mesi e io vo­glio provarci». I progetti di legge sul tema abbondano, c’è anche il ddl co­stituzionale di Calderoli utile allo sco­po, e dai democratici (in realtà da tut­te le opposizioni) sono piovuti diver­si «si» ufficiali. Con il premier assorbito per gran parte del tempo dalla crisi li­bica, la trattativa sulla manovra divie­ne il primo banco di prova per Ange­lino Alfano. I colleghi benevoli lo chia­mano «mediatore familiare» per lo sforzo che sta compiendo nel ricom­porre le varie anime del Pdl. L’altro ie­ri sera si è fermato a cena con il capo dei frondisti Guido Crosetto, che si candida a diplomatico: «Sono pronto a trattare io con la Lega». Si accaval­lano i vertici e stasera l’ex Guardasigilli (dopo l’ennesima telefonata con il premier) incontrerà i direttivi dei due gruppi parlamentari. Un momento cruciale, perché da lì uscirà il pac­chetto di emendamenti da andare a contrattare con la Lega. Il faccia a fac­cia con il Carroccio sarà l’apice di que­sti giorni infuocati, e sembra sconta­to che ai due vertici del tavolo siede­ranno Berlusconi e Bossi. Ai margini, in questa fase, Giulio Tremonti. Chi gli è vicino lo definisce «infastidito» dal­l’attivismo di Alfano e dal «rifiuto col­lettivo » che la maggioranza ha mo­strato verso il decreto varato dall’ese­cutivo.