Fisco. Salvini rilancia sulla rottamazione delle cartelle
Si punta alla quinta rottamazione delle cartelle
Si prevede una “settimana-clou” per il fisco. Domani, lunedì 9, torna in pista un nuovo appuntamento con la rottamazione delle cartelle esattoriali: chi ha aderito alla quarta edizione del provvedimento dovrà pagare la sesta rata, pena la perdita dei benefici della “definizione agevolata” (questa è la denominazione tecnica). Giovedì 12, poi, è la scadenza finale entro cui i lavoratori autonomi che non l’hanno ancora fatto potranno aderire al concordato preventivo biennale. Poi si paga l’Imu e scatta la tregua natalizia: l’Agenzia delle Entrate non manderà più avvisi e lettere di “compliance”, con cui si cerca la collaborazione dei contribuenti.
Negli ultimi giorni si è scaldata la polemica politica interna alla maggioranza dopo l’invio di ulteriori 700mila lettere da parte dell’Agenzia delle Entrate per convincere gli autonomi che ancora non l’hanno fatto ad aderire al concordato preventivo biennale, una “spinta” che fa tornare alla mente anche il recente tentativo (poi bloccato), a firma sempre del viceministro meloniano, Maurizio Leo, di reinserire il redditometro. Un confronto aspro anche dentro Fratelli d’Italia che avrebbe portato la premier, Giorgia Meloni - ha scritto il Corriere della sera - a un chiarimento telefonico con lo stesso Leo.
Ma, soprattutto, la Lega ha ripreso a intensificare il pressing per ripercorrere la strada della rottamazione con una quinta edizione del provvedimento. Un tentativo era stato già fatto con un emendamento alla manovra, poi dichiarato inammissibile e ora trasformato in un disegno di legge che si vorrebbe fosse varato dall’esecutivo a gennaio.
«La Lega – spiega il deputato e vicepresidente della commissione Finanze e responsabile del dipartimento Economia del partito, Alberto Bagnai – punta sulla rottamazione a lungo termine, che non spaventa i cittadini, anzi, dà l’opportunità di regolarizzare le proprie posizioni senza affanni. Una soluzione di buonsenso». Una posizione condivisa da diversi esponenti dentro il Carroccio. Per il senatore Stefano Borghesi, capogruppo nella commissione Finanze, è «la via giusta da percorrere per quel fisco amico, che è nel programma del centrodestra», dice ricordando che «la rottamazione a lungo termine è una proposta che la Lega ha già depositato in Parlamento. Al contrario, inviare milioni di lettere agli italiani può creare inutili allarmismi e spaventare i cittadini. Servono soluzioni ragionevoli, nell’interesse di tutti».
«Il nostro obiettivo è quello di semplificare il fisco, non certo riproporre invii di lettere dai toni perentori. I cittadini vanno aiutati e sostenuti, soprattutto in un momento economico delicato come quello che stiamo attraversando. Per questo riteniamo che la nostra proposta di legge in 120 rate mensili, tutte uguali, per sanare cartelle per imposte, tasse e contributi arretrati sia la soluzione definitiva per aiutare milioni di cittadini a rimettersi in bonis proprio per un fisco “meno nemico”. Il gettito per lo Stato è sicuro e potrà essere destinato a ridurre le imposte a tutti per un fisco più semplice e meno esoso», dichiara il presidente della commissione Attività produttive della Camera e responsabile Fisco del Carroccio, Alberto Gusmeroli.
Al di là del gettito sicuro, il problema della rottamazione è che le entrate collegate sono “parziali”. Alla prima operazione aderirono 1,6 milioni di contribuenti, ma gran parte smise infatti di pagare dopo i versamenti delle prime rate. L’incasso fu di oltre otto miliardi di euro, ne erano attesi quasi 18. Andò peggio per la “bis” del governo Gentiloni e la “ter” del Conte I: incassarono rispettivamente il 63% e il 70% del gettito ipotizzato. La “quater” del governo Meloni, quella in corso, ha finora portato in cassa 4,5 miliardi, la metà del gettito previsto. In totale, insomma, dei 65 miliardi attesi dalle rottamazioni ne sono entrati appena 25. E crescono anche le cifre non incassate dalle Entrate. Se nel 2017 i ruoli non riscossi erano di 870 miliardi, nel 2020 sono saliti a 986 e nel 2023 a 1.207 miliardi, a carico di 22,4 milioni di contribuenti.