Migranti. «Andiamo a salvarli». E la Guardia costiera evita la strage
Una notte così, gli uomini di mare delle forze armate, non la trascorrevano dall’incidente alla Costa Concordia. Nervi tesi, anche rabbia, e infine la decisione presa d’urgenza, senza attendere i calcoli dei leader: salvare i migranti. Una notte che fa onore alle divise, ma che impone gravi domande sulla filiera politica. Quello che alcuni ufficiali hanno definito ad "Avvenire" come «senso di impotenza» prevalso nelle ultime settimane, stavolta non ha avuto la meglio davanti alle notizie che giungevano a poche bracciate dalla costa di Linosa.
È stato, a quanto ne sappiamo, il primo segnale di rottura tra governo e divise. Un moto d’orgoglio e d’umanità nonostante il black-out informativo imposto dall’alto, i depistaggi orchestrati nei retrobottega della politica, e le gimkane lessicali che non hanno impedito alle “voci di dentro” di far sapere come sono andate le cose.
Nella tarda serata di venerdì alla vista delle autorità italiane alcuni migranti dei 442 a bordo del barcone intercettato al largo di Linosa si sono lanciati in mare per nuotare verso le motovedette italiane. Sul posto c’erano tre motovedette. Dopo il primo gruppo, composto da una decine di persone, un’altra dozzina si è gettata tra le onde. Stremati da due giorni di navigazione, rinchiusi dai trafficanti nella pancia bollente e senza spifferi di un vecchio peschereccio di venti metri, hanno gridato in direzione dei soccorritori. Immediatamente le tre motovedette che dapprima “ombreggiavano” a distanza di sicurezza, hanno salvato i migranti in mare e poi deciso di effettuare il trasbordo in sicurezza di tutti gli altri. All’operazione partecipavano tre unità della Guardia costiera ed una della Guardia di finanza. In nottata è poi giunto il pattugliatore Montesperone delle Fiamme gialle e una nave inglese di Frontex, che hanno permesso di svuotare il peschereccio mettendo al sicuro i 442 migranti.
Il merito, dicono i soccorritori, è di Sergio Mattarella. Dalle capitanerie di porto siciliane ad alcuni membri degli equipaggi, fino ad alcuni alti papaveri dello Stato Maggiore, più che l’insofferenza arriva la gratitudine proprio al capo dello Stato, che con il suo intervento di qualche giorno prima ha fatto sentire le forze navali non più sole a fronteggiare gli umori e i giochi della politica. Il presidente non ha solo permesso lo sbarco dei migranti tenuti in ostaggio dai tatticismi, «ma ha restituito dignità a noi che le vite le abbiamo sempre salvate, a costo anche della nostra, a noi che per dovere indossiamo guanti e mascherine ma poi abbracciamo i migranti», dice un ufficiale a bordo di una delle motovedette bianche e rosse che da sempre rassicurano chiunque si trovi a incrociarle.
Dell’operazione, ancora una volta, non è stata data tempestiva notizia. Nessuna immagine del barcone né dei migranti che vi erano a bordo è stata diffusa, nonostante i mezzi intervenuti abbiano girato filmati e scattato raffiche di foto anche per individuare eventuali scafisti. Solo in mattinata si è appreso, ancora una volta attraverso Radio Radicale, di alcuni stranieri che si erano tuffati.
Negli ultimi mesi è calato un silenzio stampa non dichiarato, interrotto qualche giorno fa da una intervista anonima al Sole 24 Ore. A parlare era stato un ammiraglio della Guardia costiera, che non ha voluto essere identificato, a dimostrazione del clima di queste settimane. L’ufficiale aveva denunciato ambigutà e confusione che espongono personalmente i servitori dello stato. «Gli annunci sui divieti fatti dal Governo italiano - aveva detto il 13 luglio al quotidiano economico – finora non sono stati accompagnati da decreti o da altri atti simili, dalle cui motivazioni (le voci “visto”, “considerato”, “preso atto”) si potrebbero desumere i dettagli. La responsabilità unica ricade sul comandante del porto, cioè sulla Capitaneria».
Silenzi come quello calato sul caso Vos Thalassa, il rimorchiatore che aveva raccolto i 67 migranti poi trasbordati sulla nave Diciotti. La Marina era pronta ad effettuare un blitz con gli incursori per riprendere il controllo della nave che si credeva in balia della rivolta dei migranti. In realtà, come ha rivelato ieri "Avvenire" non vi era alcun pericolo e la missione fu annullata. Nonostante il governo ne fosse stato informato, per quasi quattro giorni il ministro Salvini (Interni) e Toninelli (Infrastrutture) hanno continuato ad alludere, pur con accenti diversi, ai disordini provocati dagli stranieri.