Salva-Roma. In arrivo il terzo decreto
Non c’è due senza tre. Il governo ritira il decreto "salva Roma", già ampiamente modificato tanto da essere ormai appellato come "bis", ma promette che presto ne arriverà un altro, il terzo, in tempo per evitare la scadenza dei contenuti fissata a domani. Sarà il Consiglio dei ministri, proprio domani, a licenziare il nuovo-vecchio provvedimento che dovrebbe recepire gran parte del testo bloccato dall’ostruzionismo di Lega e M5S. Tocca al ministro per i Rapporti col Parlamento, Maria Elena Boschi, alla sua prima uscita, annunciare alla Camera la decisione, provocata dal numero ancora ingentissimo di emendamenti che avrebbe obbligato l’Aula a lavorare per altre 215 ore, fuori tempo massimo rispetto alla scadenza. L’ostruzionismo porta la firma di grillini e leghisti, ma il provvedimento, ereditato dal governo Letta, non sarebbe molto gradito neanche ai renziani. Provvedimento d’emergenza, così lontano dalla filosofia del premier (e la sua esperienza di sindaco) che, infatti, ha deciso di non porre la fiducia su decreto. Ma non può essere abbandonato, non solo perché è a rischio il bilancio della Capitale, ma anche perché nel decreto ci sono fondi per l’Expo 2015 e per la drammatica alluvione di novembre in Sardegna. Insorge il sindaco di Roma, Ignazio Marino. «Non voglio fare il commissario liquidatore, non metto la faccia su un disastro annunciato». Smentisce ipotesi di dimissioni ma in mattinata avrebbe telefonato a tutti i deputati romani minacciando di andarsene e convocandoli per un riunione da tenere nel pomeriggio. Ma mentre la Lega esulta, ironizza («Nerone sarebbe un ottimo commissario») e respinge l’accusa di "affondare" con Roma anche l’Expo, parte la mediazione del governo, affidata ai sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, l’uscente Legnini e il "braccio destro" di Renzi, Delrio. Marino viene convocato urgentemente a Palazzo Chigi dove arriva, come al solito, in bicicletta. Si discute come e con che contenuti ripresentare il decreto. E molto probabilmente resterebbero solo i fondi relativi al 2013 mentre per il 2014 si userebbe un nuovo provvedimento. «Ho illustrato la situazione - spiega il sindaco al termine dell’incontro -, tutti sanno che ho ereditato un buco di 816 milioni di euro». Il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio Renato Brunetta parla di «brutto segnale», ma in precedenza aveva usato termini molto duri: «A noi questo "salva Roma" fa leggermente schifo. Se Roma non si "salvasse" e il sindaco Marino desse le dimissioni per bancarotta a noi non dispiacerebbe più di tanto».