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La Cassazione. Saluto romano, è reato solo se si rivuole il fascismo

Matteo Marcelli giovedì 18 gennaio 2024

Per il saluto romano va contestata la legge Scelba sull’apologia del fascismo e in particolare l’articolo 5. Pertanto andrà rifatto il processo di appello a carico degli otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il gesto nell’aprile 2016 alla commemorazione di Sergio Ramelli a Milano, ucciso nel 1975 da militanti di sinistra (e che in secondo grado erano stati però accusati e condannati per la legge Mancino). È questa la decisione delle sezioni unite della Cassazione che oggi, in un clima surriscaldato dopo i fatti (e il video) per l’anniversario di Acca Larentia, non ha sciolto il nodo su cui si è concentrata l’attenzione della politica e dell’opinione pubblica: il saluto romano è reato o no? Da quello che si capisce in base al pronunciamento, lo è solo a determinate condizioni. Per la Corte si tratta infatti di «un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista», che «integra il delitto previsto dall’articolo 5 della legge Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista». Per i giudici inoltre il “braccio teso” potrebbe anche determinare la violazione della stessa legge Mancino, ma solo nel caso in cui sia riconosciuto come un esempio di «manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».

Quel che è certo è che il processo andrà celebrato di nuovo, ma contestando agli imputati la legge Scelba, cosa che in effetti era accaduta in primo grado (finito con un’assoluzione). Il secondo grado, come detto, si era invece risolto con una condanna, ma per violazione della legge che porta il nome del ministro dell’Interno dei governi guidati da Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi. Da qui l’intervento della Cassazione.

Una mezza vittoria per la difesa, convinta che «il saluto romano fatto da oltre 40 anni nel corso di commemorazioni di defunti e vittime del terrorismo non è reato» e che d’altro canto, «per la contestazione della legge Mancino è necessario che ci sia un’organizzazione che ha tra gli scopi la discriminazione razziale e la violenza razziale», ma «non è il caso del presente e del saluto romano che non ha i requisiti della riorganizzazione né di discriminazione».

Soddisfatto anche Ignazio La Russa, il cui staff ha fatto sapere che, da avvocato, attendeva con interesse di conoscere l’esito della decisione della Cassazione, perché riteneva «occorresse chiarezza». La sentenza, è stato il commento del presidente del Senato, «si commenta da sola».

Anche Casa Pound, protagonista indiscussa del raduno di Acca Larentia del 7 gennaio, ha accolto con favore quanto stabilito dai giudici, parlando di «una vittoria che finalmente mette fine a una serie di accuse che non avevano alcun senso, con buona pace di chi, ad ogni “Presente”, invoca condanne e sentenze esemplari. Il saluto romano – si legge ancora nella nota del movimento di estrema destra – sarà reato solamente se c'è un effettivo pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista, cosa assolutamente esclusa nel caso di commemorazioni. Questa vittoria mette la parola fine alle polemiche che si sono scatenate dopo la commemorazione di Acca Larentia dove, invece di indignarsi perché dopo 40 anni degli assassini sono ancora a piede libero, la sinistra democratica ha subito chiesto processi e condanne per chi ha deciso di ricordare».

Opposta l’interpretazione dell’Anpi, per il cui vicepresidente, Emilio Ricci, la sentenza rappresenta «una presa di posizione molto significativa», perché «fa chiarezza su questi profili che da tempo abbiamo segnalato». «Adesso – ha aggiunto – vengono stabiliti alcuni criteri fondamentali che distinguono i saluti romani come espressione individuale da quelli di carattere generale con più persone che richiamano tutti i segni e rituali di tipo fascista e che possono essere letti come ricostituzione del partito fascista».