Sardegna. «Stop all'ampliamento della fabbrica di armi Rwm», pronto il ricorso al Tar
Un frammento di un ordigno prodotto in Italia dalla società Rwm, che, secondo la denuncia dell'ong Mwatana, è tra quelli usati nell'ottobre in Yemen in un raid che ha ucciso almeno 6 persone, di cui 4 minori, condotto dalla Coalizione internazionale a guida saudita contro l'insurrezione locale degli Huthi (Ansa)
Solo da luglio a settembre sono stati consegnati ai bombardieri sauditi ordigni per oltre 8,5 milioni di euro. E oltre tre anni di guerra nello Yemen sono stati sufficienti alla multinazionale tedesca Rwm per dimostrare sul campo l’efficacia delle sue bombe. Abbastanza perché le prospettive siano talmente rosee da moltiplicare per tre lo stabilimento sardo, da dove partono le micidiali armi sganciate indiscriminatamente su militari e civili.
La galassia degli attivisti che si oppongono all’ampliamento del sito produttivo depositerà entro il 12 gennaio un ricorso al Tar contro i permessi accordati all’azienda dagli enti territoriali. Secondo i promotori, tra cui il Comitato Riconversione Rwm, Italia Nostra, Legambiente, e diverse sigle politiche e sindacali, non poteva essere concesso il via libera all’espansione dell’area nella quale verrebbero anche sperimentati nuovi ordigni, senza che prima venisse redatta la Valutazione di impatto ambientale. Un passaggio che gli enti locali hanno deciso di esentare a Rwm.
Non è la sola denuncia. Alla procura della repubblica di Cagliari è stato depositato nei giorni scorsi un esposto firmato da “Sardegna Pulita”, associazione ambientalista tra le più attive nella lotta contro la Rwm. Viene domandato di fare chiarezza su alcuni lavori e attività rilevati dall’alto attraverso immagini satellitari e che potrebbero rappresentare delle anomalie anche per le possibili ricadute sulla salute pubblica.
Obiettivo dell’ampio fronte anti-Rwm non è la chiusura dello stabilimento, ma la riconversione per salvare i posti di lavoro. Ipotesi sempre respinta come “impossibile” da parte dei manager del gruppo tedesco.
Altre ombre sulla modalità con cui in questi anni sono state rinnovati i permessi governativi vengono segnalate Maurizio Simoncelli, vicedirettore dell’Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo. «Siamo di fronte ad un quadro preoccupante: le nostre leggi vengono bypassate e continuiamo le forniture di morte», ha detto al Sir ricordando che nonostante le norme «l’Italia ha vendite in corso, contratti già firmati con il Kuwait per la fornitura di aerei Eurofighter, commesse per alcuni anni per la Rwm di Domusnovas, in Sardegna, per la produzione di bombe». Un fiume di armamenti e soldi con cui «continuiamo ad alimentare un conflitto, quello in Yemen, a fronte di risposte deludenti da parte dei responsabili politici». Nonostante i trattati e le norme, «nell’ultimo biennio le nostre esportazioni - ha annotato Simoncelli - sono cresciute e il 50 per cento di esse sono rivolte al Medio Oriente e al Nord Africa».
La contabilità dei cosiddetti "effetti collaterali", pone lo Yemen tra i primi posti al mondo per il rischio che corrono le popolazioni. Secondo Human Right Watch sono state «oltre 50» le stragi di civili commesse dalla coalizione a guida saudita. «Individui nel governo dello Yemen e della coalizione, tra cui l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, potrebbero aver condotto attacchi che possono costituire crimini di guerra», ha denunciato una commissione incaricata dal Consiglio Onu per i diritti umani di indagare.
Anche la procura di Roma (che aveva ricevuto dai pm di Brescia e cagliari un precedente fascicolo) ha aperto un nuovo faldone nella scorsa primavera dopo che una coalizione internazionale di Ong aveva depositato una denuncia penale contro Rwm Italia e contro l’Autorità nazionale per le autorizzazioni all’esportazione di armamenti (Uama). Secondo le organizzazioni il produttore di armi e le autorità italiane «sono complici» almeno di un attacco aereo documentato «dall’esito mortale sferrato nello Yemen dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita». Erano le 3 del mattino dell’8 ottobre 2016, quando un imprecisato numero di civili venne sterminato «per errore» e sul luogo vennero ritrovati i resti delle bombe fabbricate in Sardegna.