Adempimenti «espletati», assicura l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), dando l’ok alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della «determina» per l’immissione in commercio della pillola abortiva Ru486. Pubblicazione che avverrà da qui ad un mese, quindi entro il 19 novembre. E da quel momento la pillola potrà essere utilizzata negli ospedali. Ma la «determina», si riferisce in un comunicato, «rimanda a Stato e regioni le disposizioni per il corretto percorso di utilizzo clinico del farmaco all’interno del servizio ospedaliero pubblico». Una formulazione che in realtà non fornisce precise garanzie, anche per evitare un pericoloso "fai da te" delle regioni in una materia tanto rischiosa quanto quella della pratica dell’aborto farmacologico. Il comunicato, in ogni modo, notifica che la riunione del consiglio di amministrazione di ieri «ha dato mandato» al direttore generale, Guido Rasi, di pubblicare la «determina».L’agenzia giustifica il rinvio alle regioni della indicazione del «corretto percorso» di uso del farmaco abortivo, dichiarando che è materia dagli articoli 8 e 15 (relativo proprio alle competenze regionali) della legge 194 sull’aborto, quindi l’Aifa «non ha titolarità». Comunque l’agenzia, al fine di dimostrare che gli «adempimenti» che le sono propri sono stati espletati, elenca il rispetto di una lunga serie di regole formali: la conformità «assoluta» a quanto previsto dall’Ente regolatorio europeo per il mutuo riconoscimento di un farmaco (Emea), l’effettuazione di «uno scrupoloso iter di verifiche scientifiche, tecniche e legislative» durato molto tempo, la previsioni di «restrizioni importanti all’utilizzo» della pillola abortiva in vista della «massima tutela della salute del cittadino», cioè delle donne. Dunque, a detta dell’Aifa, la decisione assunta porrebbe «finalmente fine al possibile utilizzo improprio del farmaco e sgombra il campo da qualsiasi possibile interpretazione di banalizzazione dell’aborto e dal suo impiego come metodo contraccettivo». Eppure la «determina» rinvierà allo Stato e alle regioni la responsabilità di prospettare «il corretto percorso» per l’aborto farmacologico. E ciò perché l’organismo di vigilanza sui farmaci condividerebbe «le preoccupazioni di carattere etico che anche questo metodo di interruzione volontaria della gravidanza comporta».Ma intanto in commissione Sanità di Palazzo Madama andrà avanti l’indagine conoscitiva proprio sulla compatibilità dell’uso della Ru486 con la legge 194. A questo proposito l’Aifa, si limita garantire che «continuerà ad offrire la propria competenza tecnico-scientifica» sul percorso «applicativo del provvedimento adottato», alle Istituzioni, e in primo luogo al Senato. In ogni modo si deve ricordare che in un comunicato del 30 luglio il cda dell’agenzia precisava, «a garanzia e a tutela della salute della donna, che l’utilizzo del farmaco è subordinato al rigoroso rispetto» della legge sull’aborto, ed in particolare che «deve essere garantito il ricovero in una struttura sanitaria», come previsto dall’articolo 8 della legge 194, «dal momento dell’assunzione del farmaco sino alla certezza dell’avvenuta interruzione della gravidanza escludendo la possibilità che si verifichino successivi effetti teratogeni». Il cda rammentava, inoltre, che la stessa 194 prevede «una stretta sorveglianza da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare, sulle metodiche alternative disponibili e sui possibili rischi, nonché l’attento monitoraggio del percorso abortivo onde ridurre al minimo le reazioni avverse (emorragie, infezioni ed eventi fatali)». In conclusione, facendo ricorso ai pareri forniti dal Consiglio superiore di Sanità, raccomandava «ai medici la scrupolosa osservanza» della 194.