Covid-19. Rsa, picco di morti con l'isolamento. Ora si cambia: sì a stanze per abbracci
«Un terzo di decessi in più causa chiusura». Nel documento della Commissione presieduta da monsignor Paglia, che è alla base della circolare di Speranza, le stime del disastro
Annullamento di visite mediche ed esami diagnostici già prenotati prima che esplodesse la pandemia, difficoltà o impossibilità di prenotare nuove visite ed esami, a causa del blocco delle liste d’attesa. Sono le maggiori criticità nelle Residenze sanitarie per anziani segnalate da 9mila cittadini a Cittadinanzattiva da febbraio a settembre 2020, analizzate nel rapporto Pit Salute presentato ieri. Una fotografia di quel che è accaduto fuori, mentre la chiusura e l’isolamento delle Rsa una volta diffuso il virus, spieghiamo in questa pagina, hanno avuto conseguenze drammatiche, con un aumento dei morti ormai certificato. Ora il ministero della Salute prova a voltare pagina, con una circolare che cambia le regole, prevedendo test antigenici rapidi all’ingresso per agevolare gli accessi di parenti e visitatori in sicurezza, collegamenti digitali, ma anche 'sale degli abbracci' per favorire un contatto fisico sicuro con lo scopo di arrecare beneficio. Da Reggio Emilia a Ivrea fino a Bari, sono diverse le città (e in qualche caso anche le Regioni) che cercano di anticipare queste indicazioni, attrezzandosi in anticipo con spazi per mantenere 'vicine', sia pur a distanza, le persone più anziane. Il risultato di questi cambiamenti è frutto di un dibattito che ha coinvolto diverse realtà del mondo impegnato nell’assistenza degli anziani. Proprio due settimane fa, un documento congiunto di Aris e Uneba chiedeva di «trasformare le Rsa in centri multiservizi territoriali, in servizi 'aperti', capaci di assicurare interventi al domicilio delle persone anziane fragili, insieme a risposte residenziali protette, in collegamento con le altre realtà assistenziali». L’obiettivo è assicurare «la presenza di un adeguato numero di personale medico ed infermieristico altamente specializzato nell’assistenza dell’anziano pluripatologico e spesso non autosufficiente».
Un terzo di morti in più. Oltre al coronavirus l’isolamento. Il dato che sorprende – ma che è attestato da un’ampia letteratura scientifica – arriva dal documento della 'Commissione per la riforma della assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana' voluta dal ministero della Salute e presieduta dall’arcivescovo Vincenzo Paglia. In sostanza i decessi registrati nelle Rsa non sarebbero stati causati 'solo' dal coronavirus, ma 'anche' dall’isolamento protettivo a cui sono stati sottoposti gli anziani. Una protezione che avrebbe determinato altre patologie, sia fisiche che psicologiche, con un aggravemento della situazione di vulnerabilità e di fragilità. Il testo della Commissione, che è alla base della circolare del ministero della Salute sulle visite nelle Rsa, «a partire dall’analisi degli elementi di criticità caratterizzanti il sistema residenziale sociosanitario per la terza età, individua soluzioni organizzative utili per ripristinare in sicurezza le attività socio-relazionali all’interno delle strutture stesse, altrettanto necessarie quanto quelle sanitarie». Spiega il professor Leonardo Palombi, docente di igiene ed epidemiologia all’Università di Tor Vergata, vicepresidente della Commissione: «C’è una vastissima letteratura scientifica che attesta l’incidenza della solitudine in numerose patologie. Nel documento abbiamo indicato che l’aumento della mortalità potrebbe essere stimato nel 25-30% ma ci sono studi che parlano anche del 70%, e questo non ci deve stupire.
La solitudine è un fattore più negativo del fumo di sigaretta, soprattutto in alcune patologie psichiche, come la demenza senile, ma anche in quelle cardiovascolari ». Il documento analizza in modo sintetico la situazione degli anziani nelle Rsa per arrivare ad auspicare la diffusione «di apposite indicazioni volte a raccomandare la programmazione delle visite dei familiari secondo un criterio composito che tenga conto sia della necessità di ridurre i rischi di contagio sia dell’insopprimibile bisogno di relazione delle persone anziane, in analogia con quanto già elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità stesso per altre persone fragili, con l’obiettivo di promuovere il benessere psicosociale degli ospiti e di assicurare un livello minimo di contatti (in presenza e in remoto) in tutte le strutture residenziali». Da qui l’auspicio di fare tutto quanto necessario «per contemperare le giuste esigenze di protezione dal Covid 19 degli ospiti delle strutture con l’altrettanto inderogabile esigenza di garantire reti di rapporti sociali ed affettivi». Il documento della Commissione inquadra innanzi tutto il dato statistico innescato da una pandemia che «ha colpito assai duramente gli ospiti delle strutture residenziali, Rsa e case di riposo in particolare».
Su 1.356 Rsa pubbliche e convenzionate (circa 97.000 ospiti) «9.154 residenti (9,1%) sono deceduti tra il 1 Febbraio ed il 5 maggio. I pazienti con sintomi simil influenzali o francamente positivi al Covid – si spiega ancora – sono stati in totale 3.772, dunque con un tasso di mortalità specifico superiore al 3% in soli 4 mesi. Non è dato sapere quanta parte dei restanti decessi possa essere associata a conseguenze legate all’isolamento». Ma, si sottolinea, accanto agli effetti del virus, è «plausibile che il prolungato periodo di chiusura delle visite e di ogni forma di contatto, realizzato in gran parte delle strutture residenziali sin dall’inizio della pandemia, abbia causato ulteriori problemi agli ospiti di Rsa e case di riposo». E se isolare decine di migliaia di ospiti ha sicuramente ottenuto effetti positivi per quanto riguarda la protezione dalla pandemia, «parimenti le conseguenze di tale isolamento sulla salute fisica e mentale degli ospiti delle strutture sono state rilevanti». In sostanza, più isolamento, più patologie, più incremento della domanda sanitaria. Con quali conseguenze? «L’effetto cresce ed è naturalmente correlato all’età ed a condizioni di maggior vulnerabilità e fragilità.
In altri termini – si legge ancora – la chiusura dei contatti in molte residenze ha contenuto la diffusione del Covid 19, ma ha generato ulteriori rischi per la salute a causa dell’isolamento: nuove evidenze specifiche vanno emergendo in questi mesi». Lo studio della Commissione ricorda a questo proposito una ricerca italiana Comet, secondo cui «su 20.000 partecipanti è stata riportata un’alta frequenza di depressione e ansietà tra gli anziani nel periodo del lockdown. Ricerche condotte in diverse aree del mondo riportano anche conseguenze fisiche oltre che mentali dell’isolamento e del ridotto accesso alle cure e ai rapporti sociali». Da qui la necessità «di ripristinare le visite ed i contatti, sia in presenza che attraverso i media, aprendo così ad una efficace azione di mitigazione di tale fenomeno».