Confini. Ingressi dimezzati lungo la rotta balcanica, ma a Trieste migranti al gelo
L’anno scorso si è dimezzato l’afflusso di migranti verso la frontiera nordorientale sul Carso: 9.987 gli intercettati, alla data del 22 dicembre 2024, contro gli oltre 20mila del 2023; erano stati per la precisione 20.208, secondo le informazioni ministeriali. Tutto merito della sospensione del trattato di Schengen, quindi e della chiusura dei confini? In parte sì, ha ripetutamente affermato il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, anticipando, prima di Natale, di non escludere la possibilità che i confini tra Italia e Slovenia continuino a rimanere chiusi per tutto il 2025. Anche perché i controlli – ha precisato – vengono fatti «in modo attento e oculato », per cui «non mi sembra ci sia un particolare disagio per chi oltrepassa il confine».
«In verità, solo le persone contattate dall’associazionismo e dal volontariato – precisa Gianfranco Schiavone, coordinatore del Consorzio Ics – sono almeno 15 mila -, un po’ di meno, quindi, rispetto al 2023, ma non si è trattato di un crollo, come si fa intendere, ma di una contrazione più vicina al 10 che al 20%». I rintracci lungo l’autostrada e in particolare lungo i sentieri del Carso nelle ultime settimane sono quasi azzerati. « Non sono le condizioni ottimali per affrontare percorsi di difficoltà e di disagio che sono tali anche in altre stagioni – afferma padre Giovanni Lamanna, che dirige la Caritas di Trieste –. Ma sappiamo che la rotta balcanica, seppur invisibile per tanti aspetti, resta comunque consistente in termini di numeri nei Paesi balcanici di provenienza ». Lo “sgombero” dei migranti dall’area del Porto Vecchio a Trieste lo scorso 20 novembre ha ridotto in misura consistente la quota di uomini, donne, intere famiglie, quindi anche con bambini, che dormivano all’addiaccio. Ma non ha azzerato queste presenze. Una trentina di persone continuano ad “arrangiarsi”, dalle parti del porto stesso (gli ex magazzini), o cercando altri luoghi di fortuna. La stazione ferroviaria, infatti, è chiusa di notte; neppure i treni sono accessibili. La maggior parte di chi dorme all’addiaccio arriva da Pakistan, Nepal, Afghanistan, Bangladesh. Pochi dalla Siria. Il volontariato è tutto mobilitato: dalla Caritas al Consorzio “Ics”, da “Linea d’ombra” a San Martino al Campo, Diaconia Valdese, No Name Kitchen, Irc, DonK Humanitarian Medicine, ResQ, Fornelli Resistenti. Chi in forma strutturata, chi più spontanea; a volte con orizzonti diversi, perfino, taluni, contrastanti. Una decina di migranti ha trovato accoglienza nei giorni scorsi a Campo Sacro, dove la Caritas diocesana gestisce una struttura. Ma il direttore Lamanna conferma sul supplemento di impegno.
«Entro questo mese di gennaio, se tutto andrà per il meglio, metteremo a disposizione ulteriori opportunità di accoglienza. La Chiesa di Trieste ha un unico interesse: quello di garantire il massimo di dignità ad ogni persona e, quindi, la priorità è di soccorrerlo, di evitare che si senta abbandonato per strada o sotto un portico». L’Ostello Scout Alpe Adria in località Campo Sacro, vicino a Prosecco, sul Carso, a circa dieci chilometri da Trieste, ospitava inizialmente 25 migranti. I lavori di adeguamento hanno incrementato i posti letto fino a 85. La Prefettura si sta occupando di un’ulteriore ristrutturazione; ha indetto un bando di gara. Si attende, peraltro, la sistemazione della rete fognaria da parte del Comune. Il dormitorio di Sant’Anastasio è operativo per altri 24 migranti. « L’ospitalità a Trieste complessivamente non manca – sottolinea Lamanna –, tanto più che numerose persone in accoglienza sono “transitanti”, cioè dirette in altri Paesi; attendono solo la condizione necessaria per ripartire. Importante sarebbe un coordinamento maggiore fra quanti operano nel campo della solidarietà per indirizzare chi è per strada ai posti di accoglienza ancora liberi».