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Rosy Bindi. «Evitare la santificazione, fare i conti con il suo populismo seduttivo»

Marco Iasevoli mercoledì 14 giugno 2023

Rosy Bindi

Rosy Bindi è stata una delle più fiere e dure oppositrici di Silvio Berlusconi, e al contempo è stata uno dei principali bersagli del Cav., sino allo sconfinamento dell’ex premier in offese personali che restano una brutta pagina. Per l’ex ministra della Salute trovare le parole non è semplice: «Berlusconi seduceva tante e tanti. Ma aveva anche la capacità opposta, quella di mettere gli altri nelle condizioni di non provare sentimenti di benevolenza nei suoi confronti. Dicono i suoi amici che fosse buono e generoso e non ne dubito. Io ho fatto un’esperienza diversa sul piano personale, ma non è questo il punto. Oltre la pietà che è sempre dovuta e oltre la comprensione verso chi gli ha voluto bene, io credo che ora inizi un tempo in cui il Paese deve fare i conti con il berlusconismo».

Ora c’è come una “pausa” nel giudizio su Berlusconi?
In questo momento credo stia prevalendo in modo eccessivo la santificazione. Capisco i funerali di Stato, ma non il lutto nazionale. Posso comprenderlo per un capo dello Stato, ma non per un presidente del Consiglio, che comunque è un incarico divisivo. Il lutto nazionale mi pare inopportuno ed eccessivo.

Questa posizione le attira delle critiche.
Penso che il Paese abbia la maturità per affrontare un giudizio storico su Berlusconi. Tutti dicono che ha inciso nella storia d’Italia. A mio avviso, bisogna avere anche il coraggio di dire che ha inciso in modo negativo non solo sulla politica, ma anche sul costume e sul modello di società, sul rapporto con le donne e con il potere. Sicuramente è stato anche lo specchio e ha interpretato una parte dell’Italia, ma a mio avviso non la parte migliore.

Insomma, lei non ritiene debba esserci una “tregua” sull’anti-berlusconismo.
Il berlusconismo, il berlusconismo sociale e culturale più che politico, va elaborato altrimenti questo Paese non si ricostruisce. Lui era un leader seduttivo. Ma la seduzione era legata a messaggi come il “mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, ai risultati facili. Lo definisco un populista che, diversamente dagli altri populisti che spingono sul negativo, ha giocato invece sulle cose positive, sui miracoli che poi non si sono avverati.

Non sono elaborazioni che il centrosinistra doveva fare quando Berlusconi era vivo e potente?
Sul Berlusconi politico l’elaborazione c’è stata: il conflitto d’interesse, il senso padronale delle istituzioni, il conflitto con la magistratura. Io mi riferisco soprattutto al Berlusconi che ha voluto imprimere un modello sociale nel Paese. Penso al modo in cui ha sdoganato il rapporto con le donne, lo trovo un segno di decadenza in un Paese in cui il problema delle pari opportunità e della violenza esiste ed è serissimo. Penso alle battute su Angela Merkel, devastanti. E aggiungo: si pensi anche all’uso politico e strumentale della religione e dei valori cristiani, un tema che interpella la Chiesa e a cui bisogna dare una risposta. Certe enfatizzazioni di Salvini e Meloni sono “figlie” del berlusconismo.

Lei fu offesa in tv da Berlusconi. Le fa male quel ricordo?
Di quell’episodio sottolineo un aspetto: l’irrimediabilità. Stavamo registrando “Porta a Porta”. Lui intervenne telefonicamente. Ora un intervento telefonico non in diretta, ma durante una registrazione, è una cosa anomala. E Vespa non mi aveva annunciato nulla. Lui iniziò ad attaccare la Corte costituzionale e il presidente Napolitano perché gli avevano bocciato le leggi ad personam. Io gli dissi che non poteva permettersi di scagliarsi contro le massime istituzioni e lui se ne uscì con quel “Signora Bindi, lei è più bella che intelligente”. Il contesto ha reso quell’episodio del tutto irrimediabile, e non solo per la mia dignità.

Non crede che il centrosinistra abbia affrontato la stagione berlusconiana in modo sbagliato?Certamente Berlusconi politico andava affrontato con la lente sul conflitto d’interessi. Va detto, a difesa dei governi di centrosinistra di quegli anni, che il primo governo Prodi non poteva distrarsi dall’obiettivo dell’ingresso nell’euro. E che il governo D’Alema è caduto dopo che il disegno di legge era stato portato in Consiglio dei ministri.

Non c’è un tema generale di una reale alternativa mai costruita?
Non c’è stato coraggio. Prodi ha vinto rappresentando un’alternativa radicale sulle politiche, sui messaggi culturali, sugli stili di vita, sull’etica pubblica e privata. Lui è stato la prova che bisognava avere il coraggio di andare fino in fondo su questa strada. Questo coraggio mancava e manca anche oggi perché alcuni credono, anzi temono, che l’Italia rappresentata da Berlusconi sia l’Italia tutta intera, mentre è solo una parte. E l’altra parte aspetta ancora di essere rappresentata, pur essendo maggioranza.

Si discute in queste ore dell’eredità di Berlusconi.

Berlusconi è l’artefice di questa destra. È lui che ha sdoganato i post-fascisti e la Lega. Il centrodestra l’ha costruito lui al di là della caduta del consenso personale. Quindi non vedo eredi sul piano politico. Alcuni ne approfitteranno e prima di tutti Matteo Renzi che vedo affannato a partecipare alla santificazione. Ma nel suo campo politico non vedo eredi. Meloni è premier ma lei è un’altra storia, le va dato atto di essere molto più in continuità con le forme tradizionali della politica.