Nuove linee guida per orientare l’attività dei centri di procreazione assistita. È questa la prima risposta che viene dal governo alla decisione della Corte costituzionale. Perché, spiega il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, «sono molto dubbi gli effetti della sentenza sulle pratiche che devono essere adottate nei centri». Nuove indicazioni da emanarsi sulla base dei pareri scientifici che il Consiglio Superiore di Sanità, l’organo tecnico scientifico di consultazione del ministero, sarà chiamato a fornire in proposito. «Resta il divieto di congelamento degli embrioni e di soppressione di questi – ha infatti spiegato ancora la Roccella –. Mi sembra che ora ci sia un evidente problema di interpretazione delle norme e di contraddizioni. Per questo bisognerà fare chiarezza sul piano delle pratiche che potranno essere adottate dai centri ». Un’ipotesi subito criticata da Livia Turco (Pd) – «le linee guida non hanno alcun potere interpretativo, ma sono solo uno strumento tecnico» – che pure però quand’era ministro nel governo Prodi tentò di aprire alla diagnosi preimpianto, proprio utilizzando le linee guida. Ma se, sul piano operativo, un sentiero di intervento sembra tracciato, su quello politico domina la divisione netta tra chi applaude alla sentenza (Pd, Radicali, Idv, area di Rifondazione) e chi (la maggioranza e l’Udc) la critica fortemente sia nella sua essenza sia nei contenuti specifici, ancora però da valutare appieno nella loro portata. Il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione si dice «sconcertato e preoccupato per il pronunciamento della Corte. Difficile non avere l’impressione che un gruppo ideologizzato stia cercando di sequestrare la Costituzione espropriando il Parlamento della sua sovranità». Concetti simili li esprime il ministro della Cultura, Sandro Bondi, che sottolinea «il problema grave per la nostra democrazia», perché «la sovranità del Parlamento viene intaccata parallelamente alla percezione della sparizione di autorità di garanzia». Quanto ai contenuti, sia il sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano sia il vicepresidente vicario dei senatori del PdL Gaetano Quagliarello sottolineano come «La sentenza della Corte non cancella l’intera legge 40 ma interviene solo su due aspetti che, tra l’altro, devono essere letti in maniera coordinata tra di loro». E che perciò il «dato complessivo è che la legge resta in piedi». Opposta la visione nel centro-sinistra che, con il segretario del Pd Dario Franceschini, sottolinea come «Le sentenze della Corte vanno sempre rispettate ». Spostando subito la questione anche sul piano dell’altro tema delicato attualmente in discussione: il testamento biologico. Secondo il leader del Pd, infatti, «i temi nuovi, come anche quello sull’idratazione e alimentazione, gradualmente richiederanno regole e che si adeguino gli strumenti legislativi». Stessa tesi sostenuta dalla capogruppo pd al Senato, Anna Finocchiaro, per la quale «l’esito del giudizio dovrebbe condurre, su questa materia e sul testamento biologico a maggiore riflessione e attenzione, rifuggendo da prove di forza e posizioni ideologiche». Nel Pd si distingue invece la voce di Paola Binetti che, dopo aver ricordato i successi della legge 40, ne sottolinea i punti chiave rimasti intonsi dall’intervento della Corte come «il divieto di diagnosi preimpianto e il divieto a creare un numero di embrioni superiori al necessario». Fortemente critico sulla legge 40 e quindi soddisfatto della sentenza, invece Antonio Di Pietro, al quale però preme soprattutto sottolineare come «i giudici hanno dimostrato ancora una volta di essere più avanti dei legislatori » e che ora «occorra rimettere mano alla legge». Plaudono alla sentenza, infine, i Radicali definendolo un «segnale inequivocabile e importante». Ma che sia tutto così chiaro e inequivocabile sembra smentirlo anche un ginecologo come Carlo Flamigni, da sempre critico sulla legge. Secondo il quale la pronuncia «apre delle prospettive che ancora non so immaginare su alcune delle altre proibizioni, come il fatto che non si possano crioconservare gli embrioni. Probabilmente per potere applicare questa legge si dovrà arrivare a qualche tipo di mediazione ». E indica il vecchio progetto «di non considerare embrioni gli ootidi, cioè gli oociti con due pronuclei». «Se rimangono in piedi le proibizioni di congelare e distruggere – dice ancora Flamigni – uno si ritrova con un embrione di cui non sa che fare. Bisognerà tornarci sopra, mettere da parte le ideologie e mettere insieme una legge saggia». «Sorpresa, delusione e rammarico» esprime infine Roberto Colombo, membro del Comitato nazionale di Bioetica e docente alla Cattolica. Teme un «tentativo di ritorno al passato, quando l’embrione umano veniva prodotto in numero eccedente, privando così innumerevoli esseri umani della possibilità di crescere nell’utero materno». Dopo la decisione della Consulta pareri discordi nel mondo politico. Sopra, Eugenia Roccella e Dario Franceschini