Roberta Pinotti è il primo ministro
della Difesa donna dell'Italia repubblicana. Un fatto
impensabile, fino a non molto tempo fa, in un mondo da sempre
coniugato al maschile. Ma "non ci sono frontiere che le donne
non possono superare", dice lei, radiosa per la nomina appena
ottenuta. Il suo è stato "un percorso unico", spiega: prima
donna a presiedere la commissione Difesa della Camera,
sottosegretario alla Difesa nel governo Letta e ora responsabile
del dicastero.
Certo, ora sente "con grande forza la responsabilità" che le
è stata affidata, ma assicura che ce la metterà tutta per fare
fronte alla "grande sfida" che la aspetta. In effetti, sono
molti i dossier scottanti, a cominciare da quello dei due marò.
E proprio a Latorre e Girone dedica le sue prime parole da
titolare del ministero di Palazzo Baracchini: "I marò sono nel
mio cuore e nel cuore di tutti gli italiani", ha detto.
"È una situazione ingiusta. Dobbiamo con forza riportarli a
casa", perchè sono trattenuti "ingiustamente" in India. "Tutti i
militari - ha detto - possono compiere errori ma esiste la
giustizia militare italiana. Non possono essere accusati di
terrorismo e non devono essere giudicati in un altro Paese".
Genovese, 53 anni, sposata, due figlie, Roberta Pinotti è una
senatrice del Partito Democratico che da sempre si è occupata di
cose militari. Ha iniziato il suo percorso politico dal basso,
negli anni '90, con l'elezione a consigliere nella
circoscrizione genovese di Sampierdarena, accumulando varie
esperienze sia all'interno del suo partito (Pci-Pds-Ds-Pd), sia
in campo amministrativo. È stata assessore provinciale e
segretaria dei Ds a Genova, poi è entrata in Parlamento, alla
Camera, nel 2001. Rieletta nelle liste dell'Ulivo nel 2006 è
diventata presidente della Commissione Difesa di Montecitorio.
Nel Pd è stata responsabile Sicurezza, poi "ministro ombra"
della Difesa e infine capo Dipartimento Difesa. Rieletta in
Senato nel 2008, è stata nominata nel 2010 vicepresidente della
Commissione Difesa.
Tra le altre questioni con cui dovrà confrontarsi il neo
ministro, la riforma dello strumento militare concepita dal suo
predecessore Di Paola: la legge è stata approvata, ma molti
auspicano aggiustamenti ai decreti attuativi soprattutto per
quanto riguarda i meccanismi di esodo del personale (che dovrà
ridursi dagli attuali 190mila militari a 150 mila entro il
2024). All'interno del Governo dovrà battersi affinché ci sia
certezza e costanza di risorse per il sofferente bilancio della
Difesa, in modo da poter programmare un graduale spostamento di
risorse dalla voce Personale, all'Esercizio e all'Investimento,
trovando un diverso equilibrio più vicino ai parametri europei.
E a proposito del personale, tra i militari c'è malumore per il
blocco degli stipendi che da alcuni anni non fa corrispondere
alle promozioni i relativi aumenti di retribuzione: una vicenda
che si chiede a gran voce di risolvere, per poter garantire ai
militari un "livello dignitoso" di stipendi e pensioni. Ma molto
c'è da fare anche sul versante della cosiddetta qualità della
vita: dalle caserme spesso fatiscenti alla mancanza di alloggi
di servizio, che ostacolano in modo serio la mobilità.
Da più parti si sollecita al titolare di Palazzo Baracchini
anche di accelerare sulla Difesa europea, la cui realizzazione
produrrebbe sinergie con risparmi in termini di mezzi e di
uomini. E a proposito di mezzi, c'è forse la patata più
bollente di tutte che attende la neo-ministra: quella dei caccia
F-35, che parte della politica e il movimento pacifista chiedono
di non acquistare. Roberta Pinotti dovrà invece portare avanti
il programma, ritenuto essenziale dall'Aeronautica, così come
si dovrà occupare dei problemi della Marina, che rischia di
chiudere per obsolescenza della flotta, e dell'ammodernamento
dell'Esercito, che ha la necessità di introdurre in larga scala
il programma Soldato Futuro, con conseguente urgenza di fondi. E
poi ci sono le dismissioni delle aree militari. Insomma, ammette
il ministro, "da fare ce n'è".