Nelle ore della bagarre
Giorgio Tonini, esperto senatore del Pd, ragionava sui rischi di un voto anticipato. «Qualche volta le guerre succedono anche per sbaglio», ripeteva con qualche preoccupazione. Già, per sbaglio. Perchè nessuno vuole in realtà le elezioni. Non le vuole
Berlusconi che ha bisogno di tempo (almeno due anni) per provare a dare il suo contributo alla riorganizzazione di un centrodestra oggi allo sbando. Non le vuole
Renzi che ha scommesso tutto sulle riforme: su una nuova legge elettorale che garantisca governabilità e tolga ai piccoli partiti il potere di veto e su una riforma del Senato che vuol dire prima di ogni altra cosa superamento del bicameralismo perfetto e dunque velocità nell’approvare una gran parte delle leggi. Ma soprattutto non lo vuole la grandissima parte dei parlamentari del Pd che sanno che in caso di voto avrebbero enormi difficoltà a trovare una nuova opportunità di candidatura e che dunque puntano a chiudere la legislatura. Eppure può succedere che al voto anticipato si arrivi anche per sbaglio. Perché il clima è brutto. E perché sono tanti i renziani (non c’è solo il vicepresidente della Camera
Giachetti) che dicono al premier di girare il tavolo e di denunciare davanti al Paese le "malefatte" del fronte ostruzionista. Però bisogna pesare le parole e valutare gli scenari. C’è il semestre di presidenza e se da una parte è terribile ammettere davanti all’Europa che l’Italia non riesce a cambiare il Senato, è forse più terribile ammettere questa impotenza riportando il Paese alle urne con le inevitabili conseguenze sui conti. Per ora c’è un muro contro muro tra maggioranza e opposizioni, ma c’è un Patto tra il Cavaliere e il capo del governo che pare tenere bene. E (per ora) la tentazione di Renzi (o meglio di chi gli è più vicino) di chiedere al Paese una nuova fiducia prima di affrontare i dolorosi nodi economici e prima di vedere annacquati gli effetti della luna di miele viene fernata dal realismo e dalla responsabilità.