Attualità

Politica e scandali. Genova, Bari, Torino: diteci quanto vale ancora il bene comune

Marco Ferrando venerdì 10 maggio 2024

Una delle manifestazioni di protesta organizzate in queste ore a Genova

Genova non è Bari, travolta due mesi fa dall’iniziativa del ministro Matteo Piantedosi e poi da una raffica di inchieste intrecciate. E neanche Torino, dove lo scandalo è scoppiato poche settimane dopo intorno agli interessi cresciuti lungo l’autostrada Torino-Bardonecchia. La giustizia dovrà confermare la netta sensazione di queste ore che la Tangentopoli ligure sia qualcosa di molto più radicato e strutturale, ma intanto le storie di corruzione ricostruite dalle migliaia di pagine delle procure dei tre capoluoghi hanno in comune qualcosa anche peggiore della dinamica corruttiva in sé: il prezzo, spesso da saldo. Minipacchetti da qualche decina o centinaio di voti, passaggi gratis al casello o tessere giornaliere per lo sci; e poi cibo, valanghe di cibo, fra cene al ristorante, aperitivi in spiaggia a Monte Carlo, fino a un buffet di matrimonio. Davvero il bene comune ceduto in cambio di interessi personali vale così poco?

La domanda può suonare ingenua, ma è proprio qui che si avvelenano i pozzi più profondi. Ed è qui che queste vicende rischiano di allargare il solco – almeno quello percepito - tra le persone “qualunque” e i politici, tra la società e le istituzioni. Con due esiti ferali: più astensionismo e sempre meno disponibilità a dedicare del tempo e delle energie al bene comune. Le sfumature sono diverse, ma in questi giorni a Bari, a Torino e a Genova parlando con chi vi abita, con quella parte della società civile più sensibile alla politica e più impegnata nella prepolitica si respira un po’ di sorpresa, molta indignazione e un mix di preoccupazione per quello che lascerà tutto questo. Ma non rassegnazione: «Non può essere tutto così, non è tutto così», dice Monica Del Vecchio, che da appena due mesi è presidente dell’Azione Cattolica di Bari, incarico che «in questo momento della mia vita sembra un po’ una sfida», ha scritto sulla pagina web diocesana, parlando degli altri impegni di mamma e del lavoro. Lei alla “primavera di Bari” ci crede ancora, «perché il tessuto sociale è vivo e vivace, si respira un’aria buona, c’è energia», racconta. La corruzione? «Vedremo. Io so solo che tra i giovani vedo più voglia di impegnarsi e di prendere posizione su temi come la pace e la legalità, e questo accade anche tra chi non ha neanche 18 anni».

A Genova invece la sensazione è che finora sia solo emersa la punta di un iceberg di cui pochi vedono le dimensioni, ma che non ha colto tutti di sorpresa e spinge molti a non esporsi. «Ce lo aspettavamo, era nell’aria», dice Chiara Volpato, presidente Acli Liguria e già coordinatrice di Libera. Perché? «Troppe risorse dirottate su iniziative spot, di sola forma e zero impatto per i cittadini. E intanto a pagare il prezzo sono state la sanità, le infrastrutture, il paesaggio». «Prima il pesto, poi la focaccia, Genova negli ultimi anni è diventata una sagra di paese, altro che capitale della cultura» rincara la dose Maria Pia Bozzo, con alle spalle una lunga militanza nella Dc, poi nel Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa e oggi presidente del circolo culturale Aldo Moro: «Qui a Genova stiamo vivendo una delle ultime tappe di quel degrado culturale partito 30 anni fa a livello nazionale e che può essere combattuto solo con un ritorno allo studio, alla formazione: non ci si improvvisa amministratori. Non a caso spesso chi governa è espressione di potentati più che di visioni».

Il fatto è che anche nella società civile, compreso il laicato cattolico, «a fronte di una vitalità che resta palpabile faticano a venire fuori figure nuove, c’è un evidente problema di leadership». Motivo? «Veniamo da lunghe stagioni di conformismi, che spesso hanno tarpato le ali a chi poteva emergere». E la politica non ha aiutato: «Il tessuto sociale non ha perso vitalità, anzi – ragiona Volpato - Ma ha visto inaridirsi tutti i contatti con le istituzioni: non ci ascoltano, non ci ricevono». Nell’asse che manca e va ricostruito, tra istituzioni e società civile nelle sue forme organizzate, c’è il punto chiave per Annamaria Furlan, genovese, segretaria della Cisl fino al febbraio 2021 e oggi senatrice Pd. Ma non ne fa, per forza, una questione di schieramenti: «A Genova, ma non solo, la politica va rigenerata. E solo associazioni, movimenti, sindacati possono farlo. È questione di coraggio, ma anche di spazi e di reciproco riconoscimento: non ci si può ricordare della società civile solo quando si è in campagna elettorale, serve un coinvolgimento vero che possa avvicinare le istituzioni e la politica a tutti i mondi che, nei fatti, fanno prepopolitica» dice rivolgendo un vero e proprio appello «a tutte quelle energie che ancora vedo in città: è ora di azzerare e di mobilitarsi per un ricambio di persone ma anche di dinamiche». In cui ci sia anche uno spazio intermedio tra il micro e il macro, «un luogo dove fare sintesi tra interessi particolari e bene comune», ragiona la vicesindaca a Torino (un passato di impegno nel laicato cattolico) Michela Favaro, sul treno di ritorno da Roma, dov’era per gli Stati generali della natalità: «Manca l’intermediazione del pensiero politico, che sia un partito o anche solo una società civile che sappia formarsi». In pratica manca una rete, che prima possa spingere e poi sorreggere, «e senza la quale è ovvio che chi amministra si senta solo: tocca a noi trovare gli spazi di mediazione, che per forza di cose non accontenteranno tutti».

Tra un mese esatto si vota per le Europee, primo termometro – con l’affluenza prima ancora dei risultati – dello stato di salute della società civile. Scontato cadere in «facili moralismi», avvertiva pochi giorni fa l’arcivescovo di Bari, Giuseppe Satriano, nella lettera inviata alla città per la festa di San Nicola. Ma è un modo per limitarsi al presente, se non al passato. E invece, per un futuro diverso c’è «la necessità di persone capaci di progetti audaci e non di facili promesse; uomini e donne, testimoni di una vita donata, non legata a interessi di parte e speculazioni, che sappiano elargire fiducia e speranza per tutti e non garanzie per pochi». Valori senza prezzo.