Caro Direttore,ho letto con una modesta sorpresa l’articolo di Claudio Risé nel quale si apprezza l’ordinanza della sindaca Moratti che proibisce il consumo di alcol ai minori. Intanto vorrei ricordare che una legge che proibisce di vendere alcol ai minori c’è già da molti anni. Semplicemente non è stata quasi mai attuata ed è singolare che una ordinanza rimetta “in vita” una legge, anche se chi ha un minimo di esperienza sa già che leggi oppure ordinanze di “tolleranza zero”, hanno una vita di qualche settimana. L’unico effetto che è più duraturo nel tempo di solito è un aumento del consenso politico e di voti alle prossime elezioni. Ovvio che nessuno che si occupi di giovani possa accettare l’abuso di alcol oggi praticato da molti giovani. Quando si ragiona per convincere le ragazze e i ragazzi a non usare mai nessuna sostanza psicotropa sempre tra le sostanze pericolose e dannose, viene incluso l’alcol.Il mio dissenso come credo quello di tutti coloro che di giovani si intendono, di chi ha competenza vera su come si comunica con le nuove generazioni, è legato non al contenuto quanto alla modalità che si ritiene sbagliata. La proibizione che non sia l’esito di un continuo dialogo, confronto, relazione con i giovani non comunica, è sterile. In assenza di presenza dialogica nelle scuole, negli oratori, nelle società sportive, nei luoghi di aggregazione, la semplice proibizione ha pochissima efficacia, anzi, in alcuni adolescenti potrebbe aggiungere il frizzantino del proibito.Quello poi che mi pare ancora una volta sbagliato e distruttivo è la continua semplificazione della vita sociale con risposte quasi esclusivamente punitive a disagi, errori, bisogni. Anche in questa occasione la cosiddetta sicurezza si fa con il proibire così come la sicurezza dei nostri quartieri si fa con la risposta truffaldina e patetica delle ronde. Al "Beccaria" dove la maggioranza dei ragazzi detenuti è italiana, noi siamo ridotti a chiedere ai giudici di non mandare più i giovani a casa loro se abitano in taluni quartieri di Milano perché questi sono diventati luoghi di degrado e di offerta (soprattutto ai giovani) di percorsi distruttivi e delinquenziali, tanto più seducenti per la mancanza di alternative concrete di cultura e di strumenti concreti. Questi sono problemi seri.