Sulle riforme va in scena l'ennesimo scontro tra Berlusconi e Fini. Stavolta sulle riforme. Il premier va a Parigi e scopre le prime carte: «Guardiamo alla Francia, ma no al doppio turno», e già con questa presa di posizione replica ai molti - tra cui il presidente della Camera - che nei giorni recenti hanno fatto notare come la forma di governo in vigore Oltralpe non possa combinarsi con la legge elettorale - soprannominata spregiativamente "Porcellum" - con cui si è votato in Italia nelle ultime due tornate. L'idea del Cavaliere, invece, è quella di una «elezione di presidente e Parlamento in un solo turno e nella stessa giornata», salvo discutere la proposta in Parlamento «dove verrà messa a punto la forma di Stato più appropriata per l'interesse del Paese». Ma Fini non si arrende e replica che «non è possibile» introdurre il modello francese «con una legge elettorale proporzionale a turno unico» perché, spiega il presidente della Camera, «quel modello funziona con una legge elettorale maggioritaria a doppio turno». Ed ancora: «Con l'approccio, che mi sembra molto sloganistico, di scegliere un modello x o y rischiamo di ripetere le vicende che abbiamo già conosciuto» con le riforme varate dal centrodestra e bocciate dal referendum, ovvero di «tante chiacchiere e pochi fatti». Secondo Fini, inoltre, la logica che deve ispirare l'approccio alle riforme è quello di guardare all'interesse generale. A chi gli chiede infatti se con il doppio turno si rischi di sfavorire il Pdl a causa dell'astensionismo, il presidente replica: «Sono valutazioni legittime, ma relative a logiche che sono logiche dei partiti, mentre le riforme dovrebbero essere fatte con un'ottica che non può essere di questa o quella parte, ma nell'interesse generale».
La posizione di Bersani. Al progetto di Berlusconi era già arrivata, secca e negativa, la risposta del segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Che prima segnala come, in tempi di federalismo, la figura del capo dello Stato «debba restare super partes». E poi ricorda come tra le priorità delle famiglie non ci sia quella della forma di governo ma la crisi e il lavoro: «Se non ce ne occupiamo un po', finisce che la politica prende una distanza abissale dalla societa»'. In ogni modo, chiude, «il cantiere delle riforme è il Parlamento e non le interviste sui giornali».