Politica. Il rischio di una rottura e lo sprone del Colle
Ora la sfida è ricompattare il Pd. È attutire le tensioni, scacciare le divisioni... Poi si aprirà un’altra partita, poi potrò anche decidere di forzare e sfidare Berlusconi». Matteo Renzi sospira e, in una delle tante conversazioni privatissime, disegna una strategia sulle riforme. «Il Senato non elettivo è il solo vero punto fermo, ma il testo del governo può essere migliorato... Anna (Finocchiaro, la presidente della Commissione Affari istituzionali di Palazzo Madama, ndr) è al lavoro. Può mettere a punto una proposta nuova. La vedrò lunedì e vedrò anche Luigi (Zanda, il presidente dei senatori Pd, ndr). E intanto domani (oggi, ndr) salirò al Colle». Una nuova pausa. Una nuova considerazione quasi sussurrata. «La chiave della settimana che si apre è il confronto nel Pd e fuori dal Pd. Ci saranno incontri, momenti di riflessione forse una nuova direzione martedì 6 maggio. Io affronterò il tema a viso aperto convinto che le riforme vanno fatte, che superare il bicameralismo è vitale. Grillo avanza minaccioso, solo con i fatti possiamo fermarlo. Berlusconi? Il confronto con Fi è decisivo, ci tengo, ci punto. Ma certo se davvero dovessero decidere di sfilarsi noi abbiamo il dovere di andare avanti lo stesso». Giorgio Napolitano aspetta il momento del "faccia a faccia" preoccupato. Teme uno strappo sulle riforme. Teme che una mossa sbagliata possa vanificare settimane di lavorio e di risultati. Teme che una rottura sulle riforme possa regalare il Paese all’antipolitica di Grillo. Teme che una nuova crisi possa far riprecipitare l’Italia nelle sabbie mobili. Ha letto retroscena e dichiarazioni il capo dello Stato. Ha anche riflettuto pensieroso sull’ultimo consiglio di Roberto Giachetti (il vicepresidente della Camera del Pd) a Renzi: gira il tavolo e torniamo al voto. Sono ore delicate e l’inquilino del Colle mette in atto una decisa offensiva diplomatica sulle riforme. L’obiettivo è arrivare a una nuova ipotesi di lavoro che possa mettere d’accordo la maggioranza e che magari possa anche convincere Forza Italia a restare nella partita. Stefano Ceccanti, uno dei costituzionalisti ascoltati dal Quirinale, ragiona ad alta voce e "regala" una nuova chiave di lettura: «Un sì in commissione senza Forza Italia è un obiettivo facile. Ma Renzi potrebbe arrivare prima del 25 maggio anche a un primo sì dell’Aula: per la prima lettura basta una maggioranza semplice». Ecco i dubbi: Renzi ce l’ha quella maggioranza semplice? Ha dalla sua parte tutto il Pd? Ceccanti arriva presto al punto: «Se Berlusconi si schiera contro il progetto, tutta la maggioranza è obbligata a seguire il premier. Nessuno può sembrare di essere alleato di Berlusconi e di sabotare il lavoro del governo».Quando è sera Silvio Berlusconi prova ad allontanare il fantasma di una rottura. «Il patto sulle riforme non è morto, è solo congelato. Già, congelato per un mese preciso». Chi lo ascolta al telefono capisce in fretta, ma l’ex Cavaliere va dritto. «Sarei pazzo se lasciassi fare a Renzi tutto quello che vuole. Il 25 maggio si vota e oggi siamo in campagna elettorale. Il 26 si apre un’altra partita: torneremo a parlare di riforme e a ragionare sulle modifiche tecniche per rendere compatibile la nuova legge elettorale al nuovo Senato». Alla stessa ora Matteo Renzi ragiona ancora con i suoi: «Al Paese serve continuità voglio andare avanti, voglio arrivare al 2018. Ci sono cose da fare. Sul versante occupazione, su quello fiscale, sulle riforme. Superare il bicameralismo è un punto centrale, non possiamo accettare frenate». Tutto è chiaro e Alfano esplicita la sfida del premier: «Rivivo gli stessi giorni del governo Letta. Berlusconi prima ha detto sì, poi ni e dopo ancora no. Gli italiani meritano chiarezza. Noi siamo convinti che i numeri per approvare le riforme ci siano anche senza Forza Italia. Poi, sarà il popolo con il referendum a decidere se le vuole o non le vuole». Parole nette per marcare un territorio in vista della sfida del 25 maggio. Ma nella notte si continua a lavorare. A limare un nuovo testo su cui Renzi vuole giocarsi tutto. E su cui vuole un voto dell’Aula prima del voto europeo.