Attualità

Governo. La riforma della PA: prepensionamenti e Pin unico

Nicola Pini mercoledì 30 aprile 2014
Arrivano le nuove slide. Oggi il Consiglio dei ministri non approverà i provvedimenti sulla Pa. Ci sarà un giro di tavolo tra i ministri e poi la presentazione della riforma nella conferenza stampa conclusiva. Un po’ com’è accaduto con il decreto sugli 80 euro in busta paga, annunciati al termine di un Cdm e approvati solo qualche settimana più tardi. Ieri Renzi ha già tratteggiato parte delle novità che attendono il mondo del pubblico impiego, misure che nelle loro linee generali sono state indicate nel Def e preannunciate a più riprese dal ministro della Pa Marianna Madia. Tra i capitoli decisivi, la staffetta giovani-anziani con il pensionamento accelerato dei lavoratori a fine carriera, che potrebbero essere incentivati a lasciare assegnando ai loro figli una corsia preferenziale per l’assunzione. C’è poi il riordino della dirigenza pubblica con licenziabilità, incarichi a termine e parte dello stipendio legata ai risultati. E arriva anche la mobilità dei dipendenti tra enti e territori. Infine, si punta su una semplificazione della macchina amministrativa e dei rapporti tra enti e cittadini: ci sarà un unico «pin», un codice di identificazione, per accedere on line a tutti i servizi della Pa. Accanto a questo si interverrà anche sulla giustizia amministrativa, con un freno al potere dei Tar.Ieri il premier ha parlato di novità anche sul piano del metodo e qualcuno parla di una sondaggio on line sulla riforma . La prima innovazione intanto è stata la marginalizzazione dei sindacati nel processo di riforma. Contatti minimi e nessuna trattativa. Qualche settimana fa il ministro Madia ha incontrato le federazioni di categoria. Poi è calato il silenzio. Inutile dire che le confederazioni, specialmente Cisl e Cgil, stanno vivendo questo passaggio come un affronto alla loro rappresentatività. Un malumore che potrebbe venire alla luce già domani, alla manifestazione per il primo maggio.Ma torniamo alla riforma in cantiere. Renzi ieri mattina ha avuto un colloquio con il ministro, dopo quello già avuto sabato scorso. Segno dell’accelerazione che si vuole dare al dossier Pa dove, aveva avvertito il premier qualche settimana fa, interverremo «con la ruspa». Se la linea d’azione è tracciata, sul piano tecnico però i provvedimenti non sono ancora pronti. E non mancano le difficoltà operative. Il premier parlato di «licenziabilità dei dirigenti». Ma se questo potrà valere per i nuovi assunti sembra più difficile applicarlo a chi oggi è già in servizio a tempo indeterminato. Si interverrà anche sugli stipendi, con uno stop agli automatismi e alle gratifiche a pioggia. Per i dirigenti apicali è già stato istituito il tetto massimo dei 240mila euro lordi annui. Ora si punta, per tutta la dirigenza, a legare parte della retribuzione ai risultati conseguiti e all’andamento dell’economia nazionale. Se il Pil cala anche lo stipendio ne risente. A Palazzo Chigi, che fa da apripista, sono già scattati tagli fino al 15%.Poi c’è il nodo degli esuberi. Il commissario Cottarelli ne ha stimati 85mila in tre anni. Sui quasi tre milioni di dipendenti pubblici non si tratta di un numero enorme. Potrebbe essere raggiunto solo mantenendo il blocco del turn over (oggi si può assumere solo una persone ogni cinque che escono). Ma da momento che l’obiettivo è far entrare più giovani nella Pa (dove l’età media dei dipendenti è tra le più alte d’Europa) e che siamo in piena spending review occorre anche accelerare le uscite. Il ministro ha parlato di prepensionamenti. In teoria sono possibili. Ma si potrà attuarli nel solo settore pubblico quando nel privato resta aperta la ferita degli esodati rimasti in mezzo alla strada? Un’alternativa da verificare sarebbe quella dell’esonero dal servizio: il dipendente-dirigente riceve uno stipendio dimezzato o quasi in vista del raggiungimento dell’età pensionabile. Per quanto riguarda la mobilità, dovrebbe essere stabilito il principio che si è dipendenti della Repubblica, non di un singolo ente o ministero, e si può essere trasferiti dove serve. Ma occorre prima sfrondare e rendere confrontabili le tante diverse posizioni all’interno del pubblico impiego.