Il dialogo sulla verità con il cardinale Martini. Le milleuna discussioni sulle riforme istituzionali. E poi quella divergenza sull’avventura dell’Udr, con la quale il presidente emerito avallò, nel 1998, il governo D’Alema. «Io non ero d’accordo – ricorda l’ex ministro Francesco D’Onofrio –. Lui mi disse: “Mi spiace che non vieni con noi, ma imparerai a distinguere tra amicizia personale e politica”».
Senatore, le emozioni e i ricordi sono tanti, mettiamo ordine...Voglio ricordare un episodio di cui pochi sono a conoscenza. Era il ’90 o il ’91, il presidente mi fece l’onore di invitarmi al Quirinale alle 7 del mattino per fare colazione con lui e il cardinale Martini. Fece aprire la Cappella Paolina, si celebrò la messa, poi Cossiga e Martini iniziarono un dialogo sulla verità. Memorabile, non capivo chi fosse il teologo e chi fosse il politico.
Le riservava altre esclusive di primo mattino?Nel periodo delle picconate mi chiamava ogni giorno e mi anticipava le esternazioni contro i miei colleghi della Dc, tipo «guarda che oggi attacco Pomicino...». E pensare che quando era presidente del Senato gli regalavo ogni anno una sveglia con un biglietto: «Fin quando non parlerai...».
Mai confidatosi sul caso-Moro?Giusto una frase: «Il principio della persona dinanzi allo Stato è stato messo drammaticamente in crisi».
Lei non lo accompagnò nel sostegno a D’Alema. Gliela fece pagare?Quella resta la sua più importante lezione. Mi avvicinò, provò a portarmi con lui, poi disse: «Mi spiace che non vieni, ma così capirai la differenza tra amicizia personale e politica». L’amicizia è rimasta.
In queste ore si ragiona molto sull’eredità politica. Ce ne lascia una traccia?Nel messaggio alle Camere del ’91 sulle riforme costituzionali, prendeva atto della fine della prima Repubblica e chiedeva un nuovo equilibrio istituzionale. In fondo, stiamo ancora lì.