LA MAXI-INCHIESTA. Riciclaggio: chiesto l'arresto per Scaglia e Di Girolamo (Pdl)
«Riciclaggio e frode fiscale per miliardi, finanzieri infedeli, manager senza scrupoli, conti in Paesi off-shore, uomini politici sospinti dalle cosche, elementi con un passato di eversione. Dalle ipotesi accusatorie, emerge un quadro davvero inquietante…». Il procuratore antimafia Piero Grasso non ha nascosto la sua preoccupazione per lo scenario delineato dalla maxi-inchiesta della Dda capitolina, denominata "Punchcard-Broker".
Cinquantasei i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip, Aldo Morgigni, a manager, uomini politici, avvocati, imprenditori e prestanome, con le accuse di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di capitali illecitamente acquisiti attraverso un complesso sistema di frodi fiscali, per oltre 2 miliardi di euro.
Fra loro, l’ex amministratore delegato della Fastweb, Silvio Scaglia, e il senatore del Pdl, Nicola Di Girolamo, accusato di violazione della legge elettorale "con l’aggravante mafiosa". Scaglia è all’estero e proclama la propria estraneità alla vicenda, mentre per Di Girolamo, avvocato con domicilio a Bruxelles, in quanto membro del Parlamento è necessario il via libera della Giunta per le autorizzazioni a procedere: «È roba da fantascienza. Mi sento nel frullatore», ha dichiarato. Tra le società sotto indagine figurano Telecom Italia Sparkle, dove è stato arrestato l’ex ad Stefano Mazzitelli e indagato l’ex presidente Riccardo Ruggiero, e la stessa Fastweb, dove è indagato l’attuale ad, Stefano Parisi, e per la quale la procura di Roma ha chiesto il commissariamento.Frode colossale. I fatti contestati si riferirebbero al periodo 2003-2006, nel corso del quale sarebbe stata ideata, secondo il Gip, «una delle frodi più colossali della storia». In pratica l’organizzazione avrebbe escogitato un sistema per far figurare (e fatturare) servizi telefonici (come la vendita di schede prepagate) e telematici inesistenti, con operazioni di compravendita fra le grandi società Fastweb e Telecom Italia Sparkle e le aziende "minori" Cmc, Web Wizzard, I-Globe e Planetarium. Oltre a evadere il fisco, l’Iva lucrata finiva all’estero, su conti finlandesi, lussemburghesi, panamensi e britannici. Denaro che veniva reinvestito in appartamenti, gioielli e auto. Sostengono i pm che «sono stati accertati evasione Iva per 400 milioni di euro, un danno allo Stato italiano per oltre 365 milioni di euro e il mancato versamento, attraverso utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, per 1,8 miliardi di euro».
Tesoretto globale. Arresti e perquisizioni, giunti dopo due anni di indagini, hanno toccato Lazio, Lombardia, Umbria, Puglia e Calabria. Nove ordinanze addirittura l’estero: 5 in Gran Bretagna, 3 in Svizzera e uno negli Usa. Il gruppo disponeva di conti e cassette di sicurezza nei paradisi fiscali: dal Lussemburgo al Delaware, da Dubai a Singapore, da Hong Kong a Panama, oltre a disporre di una villa in Francia, a Cap d’Antibes, per le riunioni. L’elenco dei beni da sequestrare indicati nelle carte dell’inchiesta è talmente lungo che un investigatore parla di "tesoretto globale". Si tratta di 246 immobili per un valore di 48 milioni di euro; 133 vetture e 5 imbarcazioni per tre milioni e 700mila euro; 743 rapporti finanziari; 58 quote societarie per un valore di un milione e 944mila euro; due gioiellerie. I beni individuati oltre confine valgono 15 milioni di euro. La piazza finanziaria prediletta era Londra, dove confluiva denaro da "lavare", che poi rientrava in Italia nelle valigette di appositi "spalloni": nella capitale inglese, nel 2007 il Ros aveva sequestrato 2 milioni di euro, in tre cassette di sicurezza.
Salto di qualità. Sarebbe stata l’elezione del senatore Di Girolamo uno dei presunti punti di forza del gruppo di indagati che, secondo quanto emerge dall’ordinanza, avrebbe «realizzato un salto di qualità». Ciò perché, annota il magistrato, Di Girolamo «oltre ad essere uno dei promotori dell’associazione per delinquere, diveniva cosi un suo diretto esponente all’interno del Parlamento», il tutto «con l’ausilio degli appartenenti al clan Arena di Isola di Capo Rizzuto». Attraverso emissari calabresi in Germania e Belgio, il clan avrebbe racimolato schede bianche per l’elezione dei candidati al Senato votati dagli italiani residenti all’estero, scrivendoci sopra il nome del senatore. Nell’operazione sarebbe stato coinvolto anche un imprenditore romano, Gennaro Mokbel, con un passato in ambienti dell’eversione di destra e poi fondatore dei movimenti Alleanza federalista del Lazio e Partito federalista.
(Aggiornamento del 27 settembre 2017)
Il processo di appello si è concluso a Roma con la conferma dell'assoluzione per Silvio Scaglia (fondatore di Fastweb), Stefano Mazzitelli (già amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle) e dei top manager di Telecom Italia Sparkle Antonio Catanzariti, Massimo Comito e degli ex dirigenti di Fastweb Mario Rossetti e Roberto Contin.
Assoluzione confermata anche per un socio della I-Globe, Manlio Denaro. Riduzione di pena, da 15 a 10 anni e mezzo di reclusioneper l'imprenditore Gennaro Mokbel. La corte ha dichiarato prescritti dei reati fiscali contestati a una serie di imputati e ridotto le pene per altri.
La procura generale aveva chiesto sette anni di reclusione per Scaglia e Stefano Mazzitelli. La decisione dei giudici della prima corte d'appello di Roma è arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio.