Immigrati. Ricatti, illusioni e speranze. Gli invisibili di Castel Volturno
Castel Volturno
Thomas non avrebbe potuto accedere alla regolarizzazione. Ma non ha neanche avuto il tempo per provarci. È morto l’1 giugno sotto la frana del cantiere abusivo a Pianura, assieme all’operaio italiano Ciro Perrucci. Ce lo racconta Erik, mediatore culturale ghanese, che lavora al Centro Fernandes di Castel Volturno, e che conosceva bene Thomas. «Aveva il permesso di soggiorno umanitario scaduto l’anno scorso e non poteva rinnovarlo per colpa del decreto sicurezza. E poi aveva sempre lavorato senza contratto. Quindi non poteva utilizzare nessuna delle due procedure di sanatoria previste».
E come lui anche altri due operai immigrati che quel giorno si sono salvati. Lo ricordano bene al Centro Fernandes, punto di riferimento della Caritas di Capua e delle altre Caritas casertane. E denunciano che entro la fine dell’anno esattamente 1.984 immigrati perderanno tutto, non avranno più il permesso di soggiorno e non potranno accedere alla regolarizzazione. E diventeranno invisibili. Un numero altissimo, perchè fa riferimento solo a Castel Volturno dove vivono circa 10mila immigrati. Il 20% finirà nell’area dell’irregolarità.
Eppure c’è tanto interesse per quella che tutti chiamano 'sanatoria'. Ce le conferma Antonio Casale, responsabile del Fernandes. «Da inizio giugno abbiamo aperto uno sportello solo per la regolarizzazione, due giorni a settimana. Per rispettare le norme dell’emergenza sanitaria accettiamo al massimo 30 persone al giorno, su appuntamento, mentre prima ne venivano 200». E gli immigrati accettano le nuove regole. Li vediamo mentre pazientemente, mantenendo le distanze e con le mascherine, attendono il loro turno seduti sulle panche di legno sotto i grandi pini. E prima di entrare a tutti viene misurata la temperatura. «La regolarizzazione è una buona cosa – sottolinea Casale – ma a Castel Volturno è difficile avere un contratto regolare».
Ed anzi la situazione è peggiorata. «Dopo il lockdown molti imprenditori hanno abbassato il salario anche a meno di 25 euro al giorno. Eppure anche dopo la morte di Thomas si parte per i cantieri di Napoli. 'Se non lavori non mangi', ci dicono». E poi c’è l’enorme problema dei permessi di soggiorno umanitari in scadenza, i prossimi 'invisibili'. E così compaiono i soliti approfittatori, come denuncia Gianluca Castaldi della Caritas di Caserta, che si occupa proprio dello sportello informativo. «A ogni sanatoria dall’hinterland napoletano arrivano personaggi che offrono a pagamento falsi contratti. Prima chiedevano 2mila euro, poi all'annuncio del decreto sono saliti a 4mila. E dicono: 'Se aspetti ancora, la prossima volta ti chiedo 6mila'».
Ma durante il lockdown molti immigrati non hanno lavorato e non hanno soldi. E allora il faccendiere si presenta col 'pacchetto' completo. «Non hai soldi? Ti presento io chi te li presta. Un usuraio, ovviamente. Non era mai successo. Gli immigrati non sono mai stati 'clienti' degli strozzini ». Una gran brutta novità. Gli immigrati lo raccontano. «Lo so che non devo farlo ma sono disperato ».
«Ma non denunciano, hanno paura. Non si sentono tutelati». Uno di loro ha detto a Gianluca una frase che ben sintetizza la situazione. «Un mondo migliore è un lusso che non ci possiamo permettere». E così saranno tantissimi gli esclusi dalla regolarizzazione. «Solo una minoranza ha i requisiti per beneficiarne, al massimo il 20%». «Così l’alternativa è la strada. Poveri e irregolari. Molti usciti dal sistema di accoglienza, da Cas e Sprar. Così poi tocca a noi. E li accogliamo» assicura Casale.
Perché, pur critica nei confronti del decreto di regolarizzazione, la Caritas non si è fermata alle parole, come quella della diocesi di Aversa che ha immediatamente organizzato una task force di operatori, mediatori, avvocati, che gira per i paesi e le campagne. «Abbiamo privilegiato la strada – spiega Roger Adjicoudé, responsabile Area Immigrazione –, i luoghi dove trovare i ragazzi ». L’azione si sta sviluppando su tre fasi. La prima «è di informazione e azione nei confronti dei datori di lavoro, ed è promettente». Infatti sono già più di 150 quelli che si sono detti disponibili a regolarizzare i lavoratori. Metà sono per badanti, metà per braccianti. Si passa poi alla seconda fase, che riguarda l’inoltro delle richieste. La terza è la fase dei diritti, per monitorare il loro rispetto. Anche qui «per non farli cadere nella trappola della compravendita dei contratti. Abbiamo già molte segnalazioni».