«Leggo in queste ore della costituzione di eventuali gruppi diversi dal Pdl. E io ritengo che quando una maggioranza si divide al proprio interno non resta che ridare la parola agli elettori». È Renato Schifani ad agitare il fantasma delle elezioni anticipate. È lui, il presidente del Senato, a disegnare la prospettiva che ha in testa il presidente del Consiglio. Voto, avverte l’inquilino di Palazzo Madama, perché «quando una maggioranza eletta sulla base di un programma elettorale condiviso si divide al proprio interno» questa è l’unica strada possibile. Voto, perché davanti a uno strappo come quello minacciato da Fini, «non resta che ridare la parola agli elettori e ripresentarsi a questi con nuovi progetti ed eventualmente nuove alleanze». Sono ore complicate. Ore di tensione. I tg rilanciano il messaggio di Schifani; Berlusconi, a quell’ora, passa da una telefonata all’altra. È a Palazzo Grazioli e con lui c’è lo stato maggiore del Pdl. Il premier cammina avanti e ripercorre il "faccia a faccia" con Fini. Poi riflette e si interroga: «Mi ha ripetuto di escludere il voto... Vuole fare un gruppo e pensa di condizionarmi... Ma questo non sarà possibile, io non mi faccio ricattare». Su una scrivania nella residenza-ufficio di via del Plebiscito ci sono le ultime agenzie di stampa. Su una c’è una dichiarazione di Italo Bocchino, il vero braccio destro di Fini. Poche righe per replicare a Schifani. Per chiarire che «a Costituzione attualmente vigente in Italia si va alle elezioni anticipate soltanto in caso di assenza di una maggioranza». Poche righe per inviare a Palazzo Grazioli e anche a Palazzo Madama il messaggio che conta: «E vale la pena ribadire che nessun parlamentare vicino al presidente Fini farà mai mancare la fiducia al governo Berlusconi in base al mandato ricevuto dagli elettori».Berlusconi legge e riflette ancora. Poi, mentre una smorfia di fastidio gli attraversa il volto, scandisce un messaggio che Fabrizio Cicchitto fa suo e rilancia sulle agenzie di stampa: «Le parole del presidente Schifani costituiscono un ammonimento che va preso sul serio, molto sul serio: mettono in evidenza i rischi insiti nella situazione, che non può essere affrontata con leggerezza o con motivazioni puramente tattiche o contrattualistiche e che poi, alla fine, può sfuggire di controllo». Oramai è una sfida dura. Anche nelle dichiarazioni. «La minaccia di elezioni anticipate è un’arma spuntata», ripete Bocchino che si chiede come «Berlusconi possa andare al Quirinale, dare le dimissioni, essere rinviato alle Camere, non farsi votare dai suoi parlamentari e come fa a pensare che possa esserci una maggioranza diversa...». Quei pensieri sono gli stessi del Cavaliere che solo oggi farà capire la prossima mossa. E nella notte confessa solo amarezza e sconcerto: «Le scelte di Fini sono incomprensibili... Solo incomprensibili».