Attualità

Società. Armi, azzardo e affari: una retromarcia pericolosa

Diego Motta martedì 5 marzo 2024

È un errore sottovalutare la società civile e pensare di poter governare questioni controverse dall’alto, semplificando tutto. Si rischia di avere una visione parziale della realtà, trascurando le implicazioni profonde delle scelte compiute. La politica italiana sembra essere tornata a dare ascolto a lobby potenti e organizzate.

Ne abbiamo avuto una dimostrazione nelle ultime settimane, quando su due fronti solo apparentemente distanti, le armi e l’azzardo, il Parlamento su impulso dell’esecutivo ha deciso di accelerare, cambiando rotta rispetto al passato e provocando l’immediata reazione di tante associazioni e tanti cittadini che si battono per un’informazione più trasparente su questi temi. Aver deciso, facendo passare la cosa un po’ in sordina, di riscrivere le regole ispirate alla legge 185 sul commercio bellico ha portato innanzitutto alla mobilitazione del mondo cattolico e non solo, che documentiamo su queste pagine. Sul tavolo c’è un disegno di legge che modifica la vendita di armi all’estero, sottraendo di fatto a Camera e Senato il controllo di informazioni cruciali, dai meccanismi di rilascio delle autorizzazioni alle politiche di trasparenza delle banche che operano con aziende del settore.

Allo stesso modo, il provvedimento sul riordino del settore dell’azzardo tradisce in modo grossolano un principio di fondo largamente condiviso alla base: quello secondo cui prima viene la salute, poi tutto il resto. E la scelta di cancellare strumenti d’ascolto importanti come l’Osservatorio per il contrasto alla diffusione del gioco va nella direzione contraria.

Che senso ha dare spazio alle major dell’azzardo in una fantomatica Consulta (incardinata non a caso presso il ministero dell’Economia e delle Finanze) se al centro ci deve essere la presa in carico di persone fragili, con problemi di ludopatia? Di questo passo, si rischia di svilire un decennio di impegno di associazioni e cittadini contro la dipendenza da slot, azione plurale che questo giornale ha in lungo e in largo raccontato, e che aveva sortito qualche buon risultato. Spiace in tal senso dover registrare anche il voltafaccia di molti Comuni e Regioni, che furono i primi a farsi interpreti del malessere di tante famiglie e che ora paiono voler assecondare la vecchia e perdente strategia “business first”. Qui si torna al discorso legato ai poteri forti e alle lobby che li rappresentano, a partire dal mondo della “finanza insostenibile”, e per converso al ruolo delle minoranze creative organizzate. La politica dovrebbe essere proprio lo spazio deputato per far incontrare e convergere soggetti diversi e dagli interessi opposti. Dov’è la sintesi, se si preferisce assecondare una parte piuttosto che l’altra?

Non è affatto vero che una “mediazione” alta sia impossibile: è sufficiente ancora una volta vedere cosa sta accadendo nell’Italia profonda. A Trento, ben prima dell’avvento del Covid, alcune realtà di diversa estrazione, dagli enti locali al Terzo settore, fino alle Fondazioni, si ritrovarono insieme per una progettazione condivisa legata ai bisogni del territorio. Non pensavano all’anno in corso, ma ai dieci anni successivi. Nacque così la candidatura del capoluogo trentino, che in questo 2024 è Capitale europea del Volontariato. L’esempio di un rapporto virtuoso tra soggetti differenti può portare dunque a sinergie vincenti, di cui la politica è un tassello, non per forza il primo e il più importante, certamente il più ascoltato dall’opinione pubblica. Trento chiama Italia, insomma, sempre a patto che a Roma ci sia qualcuno disposto ad ascoltare e a non ripetere gli errori di queste ultime settimane.