La fase delle buone intenzioni è superata, ora servono «fatti concreti». Il premier Matteo Renzi è determinato a tessere una tela internazionale, non solo europea, necessaria per ottenere un’azione a vasto raggio (politica, diplomatica e "militare", ma non di natura bellica) capace di fermare all’origine le partenze dei barconi di migranti dalle coste della Libia, ma anche di farlo in una cornice di sicurezza e di rispetto delle procedure internazionali. Il capo del governo sta usando le ore che mancano al vertice straordinario di domani a Bruxelles per dissodare il terreno. Ieri ha sentito, tra gli altri, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il presidente della Repubblica cipriota Nicos Anastasiades, con l’intento «di favorire la massima condivisione europea e internazionale sulla lotta agli schiavisti, dopo il disastro umanitario nel Mediterraneo». A Washington aveva già incassato l’appoggio (ma senza immediate ricadute operative) del presidente Usa Barack Obama, che si è detto pronto a lavorare «insieme per contrastare le minacce che arrivano dalla Libia», riferendosi però presumibilmente soprattutto a quella terroristica portata dall’Isis.Stamani, alla Camera e poi al Senato, Renzi illustrerà le proprie aspettative rispetto al vertice di domani. Ma già ieri, in un post su Facebook, ha delineato alcune tracce: «Per la prima volta l’intera Europa si è mostrata attenta e solidale, con alcuni impegni concreti che proveremo a puntualizzare nelle ore che ci separano dal Consiglio Europeo». Sul tavolo il premier squadernerà le proposte italiane: «Interventi nei Paesi d’origine, distruzione dei barconi, raddoppio di Triton, ricollocazione d’emergenza condivisa tra tutti i Paesi, collaborazione con le Nazioni Unite, sforzo comune alle frontiere meridionali della Libia». Un menu che appare abbastanza in sintonia col piano in dieci punti già annunciato dalla Commissione Ue. «Se davvero finalmente alle parole scritte corrisponderanno fatti concreti, per l’Europa sarà un primo passo – insiste il premier Renzi –. Davanti al dolore dell’Africa e agli schiavisti del ventunesimo secolo non è possibile voltare la testa dall’altra parte». Sono, osserva il premier, «criminali che prendono soldi lucrando sulla carne umana». E a chi dall’opposizione attacca il governo ribatte: «Gli sciacalli tornino a casa: la demagogia non serve, è il tempo della politica». Sul piano diplomatico, l’Italia confida nella conclusione positiva delle trattative avviate in Libia dall’inviato speciale Bernardino Leon, che garantisca la non conflittualità delle autorità locali. Cosa non semplice, visto che c’è un governo non riconosciuto a Tobruk, un altro non riconosciuto a Tripoli, oltre alle tribù e alle bande di miliziani dell’Is.Sul piano operativo, i titolari del Viminale e della Difesa ragionano sulle soluzioni possibili. L’obiettivo, conferma il ministro dell’Interno Angelino Alfano, resta «affondare i barconi degli scafisti, impedire che partano. Noi da soli non possiamo farlo ed è in corso un negoziato con Onu e Ue per avere l’autorizzazione, in un quadro di legalità internazionale». Per le ricognizioni si useranno i droni Predator modello «A+» e «B» (fabbricati dalla statunitense General atomics aeronautical systems) nella versione acquistata dall’Aeronautica militare. Dispongono di parabole, sensori, telecamere ma non di cannoncini o mitragliatori: «I nostri droni non sono armati, l’Italia ha deciso di usarli per fare sorveglianza», conferma il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Per disporre di quell’equipaggiamento, servirebbe un’autorizzazione del congresso degli Usa, che l’Italia non ha chiesto. In ogni caso, conclude il ministro, i vertici della Difesa stanno preparando «piani per diversi scenari» e sono pronti a intervenire.