Attualità

Ue. Bruxelles contro Renzi, lite sul rigore dei conti

Giovanni Maria Del Re lunedì 10 luglio 2017

Si può ben dire che a Bruxelles non abbiano gradito le idee di Matteo Renzi su «

Back to Maastricht

» e su un deficit italiano da tenere al 2,9% del Pil. Si sa che da tempo il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, si è "gelato" con Renzi, che lui è convinto di aver aiutato in ogni modo, ricevendo in cambio solo attacchi e reprimende. E infatti la replica ufficiale del portavoce di Juncker, Margaritis Schinas, è stata gelida quanto al limite dello sprezzante. «Il presidente – ha dichiarato – ha un’ottima relazione con il primo ministro dell’Italia, Paolo Gentiloni, così come il commissario in carica (per gli Affari economici Pierre Moscovici,

ndr

) con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. La Commissione non commenta i commenti dei chi è fuori da questo circolo».


Poco dopo si fa sentire lo stesso Moscovici. «È un anno – dice – che non ho scambi con il mio amico Matteo Renzi». Ma, aggiunge, «penso, in sostanza e nel merito, che l’interesse dell’Italia è quello di continuare a ridurre il suo deficit, per invertire la rotta del debito: troppo elevato pesa sulle generazioni future e impedisce di finanziare i servizi pubblici». Ieri era del resto giornata di Eurogruppo, e non poteva mancare il suo presidente, il "falco" Jeroen Dijsselbloem, che però ha ammesso di non aver letto il testo di Renzi. «Non è una decisione che un Paese può prendere da solo. Siamo all’interno di un’Unione. Se vogliamo cambiare le regole, va bene, ma non possiamo dire unilateralmente che "non fanno per me nei prossimi 5 anni"». Un dibattito cui Padoan non ha voluto partecipare: «Mi sembrano temi per la prossima legislatura», ha risposto, secco.


Renzi si è fatto sentire, accusando i «pregiudizi» di Dijsselbloem. «Questa - ha detto l’ex premier - è una battaglia aperta con lui, l’olandese che disse che gli italiani spendono i soldi della flessibilità in donne e alcool. Gli spiegai che intanto noi le donne non le paghiamo, a differenza di alcuni di loro. Ma Dijsselbloem la proposta non l’ha letta: dobbiamo ridurre il debito, ma di austerity l’Europa muore. Quando si discuterà la proposta non so se lui sarà ancora presidente». Una stoccatina anche alla Commissione. «Ho grande rispetto per i commissari europei, ma è possibile che l’Europa ci dica cosa fare e poi non è in grado di mantenere gli impegni per la relocation» dei migranti.


I problemi sono, comunque, davvero di sostanza. A Bruxelles sottolineano che quello dell’Italia non è il deficit nominale, da tempo sotto il 3%, ma quello strutturale (e cioè al netto di fattori ciclici e una tantum), che non scende abbastanza, ed è fondamentale per affrontare il problema più colossale dell’Italia: il gigantesco debito pubblico. Del resto non sono pochi a fare osservare che l’Italia i 30 miliardi di cui parla Renzi li ha già avuti, e sono gli interessi sul debito fatti risparmiare grazie al Quantitative Easing (Qe) di Mario Draghi. Denari non certo ben usati da Roma. Molti si chiedono perché dovrebbe essere diverso per il futuro. Del resto, se aumentare al 2,9% il deficit significasse aumentare il debito, ragionano a Bruxelles, per l’Italia sarebbero guai seri.

A cominciare dal giudizio dei mercati. Non a caso ieri il Wall Street Journal - il loro principale organo - pubblicava un articolo che metteva in guardia sull’Italia, soprattutto di fronte all’imminente riduzione del Qe. «Ritorna – scrive il giornale – uno sguardo diffidente sul mercato del debito dell’Italia, i segnali di un cambio di politica della Bce ravvivano le preoccupazioni su come se la passerà Roma».