Attualità

Il punto. Italicum, bocciate le preferenze

martedì 11 marzo 2014

Legge elettorale, si va verso l'approvazione a Montecitorio della riforma, nonostante i maldipancia interni al Pd dopo la bocciatura delle quote rosa di ieri. A mezzogiorno l'aula ha approvato con 315 sì e 237 no l'emendamento che rappresenta il cuore dell'Italicum e contiene i pilastri del patto siglato tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. All'appello però, sommando i numeri a disposizione della maggioranza e quelli dei deputati di Fi, mancavano un centinaio di voti. L'Italicum stabilisce la soglia di sbarramento al 37% per ottenere il premio di maggioranza; la soglia del 4,5% di ingresso per i partiti in coalizione; la soglia dell'8% per i partiti non coalizzati e la soglia del 12% per le coalizioni. Inoltre, fissa al 15% il premio di maggioranza. Introduce il criterio del doppio turno di ballottaggio per le due coalizioni (o partiti) che ottengono più voti ma non arrivano nè superano la soglia del 37%. Infine, stabilisce i quozienti da utilizzare, ossia i criteri - attraverso degli algoritmi - per la ripartizione dei seggi e i criteri per i cosiddetti resti. Proprio contro quest'ultimo punto, che a dire delle forze di minoranza le penalizza fortemente, si è concentrata la battaglia dei piccoli, che lamentano una eccessiva aleatorietà della ripartizione dei voti e, di conseguenza, dei seggi. Tanto da far gridare Sel verso i banchi della maggioranza: Siete dei ladri della democrazia, è una frode elettorale". Forti critiche anche da Lega e centro democratico. No a preferenze e primarieL'aula della Camera ha bocciato a voto segreto l'emendamento di Fdi che puntava all'introduzione delle preferenze nella legge elettorale. L'emendamento La Russa è stato bocciato con 299 sì, 264 no e un astenuto. ​Stoppato anche un emendamentodi 40 deputati del Pd, che rendevano obbligatorie le primarie per scegliere i candidati. L'emendamento prevedeva la parità di genere nell'organizzazione delle primarie​ Multicandidatura La Camera ha approvato a scrutinio segreto un emendamento Pd-Fi che dà la possibilità a un candidato di presentarsi in 8 collegi, ovvero la multicandidatura, meccanismo che allunga di fatto la lista bloccata. I sì sono stati 335, i no 212. Ma ora si si pensa al Senato I delusi dai risultati delle votazioni alla Camera, guardano ora alle letura delle legge al Senato. «Senza rotture, cercando intese trasparenti, al Senato cercheremo di migliorare la legge elettorale - afferma il senatore del Pd Vannino Chiti - diverse soglie di sbarramento, a seconda se si è o meno in coalizione, non funzionano, meglio un'unica soglia del 4% o quanto meno un abbassamento di quelle attualmente previste», mentre «introdurre la parità di genere è necessario, ce lo chiede anche l'articolo 3 della Costituzione, altro che norma incostituzionale». Chiti sostiene che «sarebbe giusto far scattare il premio di maggioranza al primo turno solo per chi raggiunge il 40% dei voti, altrimenti si procede ad un secondo turno tra le prime due liste o coalizioni. Infine, bisogna cancellare la possibilità di candidarsi in più collegi». «Le quote rosa? Ci lavoreremo. Al Senato c'è il voto palese: mi pare un buon inizio», dice la senatrice del Pd, Anna Finocchiaro, presidente della Commissione affari costituzionali rispondendo a chi le chiede previsioni sulla sorte delle quote rosa al Senato. «In Senato, dopo la bocciatura di misura della Camera, giochiamo a carte scoperte sulle preferenze». Propone il senatore Udc Antonio De Poli, che su Twitter, con l'hastag #vogliosaperechivoto, sottolinea: «L'emendamento in questione è stato bocciato per soli 35 voti. Nessuno vuole far saltare l'accordo sull'Italicum ma per l'Udc è prioritaria la questione preferenze, per restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti».

Incontro con RenziDopo la batosta di ieri, con le quote rosa affossate dalle divisioni interne al Pd grazie alla complicità del voto segreto, il premier ha riunito di buon'ora i suoi per studiare la strategia da adottare in vista del voto definitivo della Camera sull'Italicum previsto per oggi. L'incontro ha avuto inevitabilmente al centro la bocciatura della parità di genere. "Non posso accettare che mentre il governo sta preparando 10 miliardi di euro per le famiglie italiane il problema sia il Pd" ha detto il premier parlando all'assemblea dei deputati e respingendo le accuse di incostituzionalità. Su questo punto c'è stato un battibecco tra Renzi e Rosy Bindi che ha manifestato il suo dissenso. Proprio Bindi era stata una delle principali sostenitrici delle quote rose, definite "un principio non negoziabile". "Il Pd è un partito ferito dai 100 voti mancati" agli emendamenti sulla parità di genere ha detto Bindi nel suo intervento. Scontento nel PdLo scontento all'interno del Pd è grande, soprattutto tra le file delle deputate che hanno chiesto di "capire - spiega Roberta Agostini, prima firmatrice di uno dei tre emendamenti sulla parità di genere bocciati;- perché sono venuti a mancare i voti del Pd. All'appello sono mancati parecchi voti, un particolare che fatto subito tornare in mente la mancata elezione di Romano Prodi alla presidenza della Repubblica. La richiesta arrivata dalle deputate è di "ottenere la garanzia che la legge al Senato sia cambiata, almeno su questo punto". Renzi ha spiegato ai suoi che sulla legge elettorale "non c'è da mantenere un patto con Berlusconi, ma un impegno che come partito abbiamo preso profondo, netto, chiaro" e ha chiesto il massimo impegno per portare a casa il risultato entro oggi.Un serrare le file insomma per evitare altri scivoloni che rischiano di far saltare tutto. Questa legge elettorale, ha sottolineato il premier, "nasce con partner difficili e riottosi" ma ha il merito di aver "tenuto insieme la maggioranza". "La legge oggi c'è ed è merito del Pd" ha detto il capo del governo assicurando che prima dell'approdo in Senato ci sarà un momento di confronto ampio nel Pd. Un impegno ritenuto insufficiente dalla minoranza del partito. "Valuteremo gli emendamenti in votazione nelle prossime ore" ha detto Stefano Fassina minacciando di non votare alcune delle modifiche in discussione. Il dibattito a Montecitorio è ripreso poco dopo le 10, tra gli emendamenti "caldi" quelli sulla reintroduzione delle preferenze, bocciati, e quelli sul conflitto di interessi.