«Non dico una parola nemmeno sotto tortura...». Matteo Renzi percorre a grosse falcate il marciapiede del binario 7 di Roma Termini. La cravatta grigio-perla svolazza senza pace, il sindaco ha fretta di inabissarsi nel Frecciarossa che lo riporta a Firenze. Deluso per l’esito della direzione Pd, quasi amareggiato per i pendolari che gli si avvicinano per dirgli «ti avrei votato...», pensoso sugli scenari che gli ha prospettato Mario Monti, l’altroieri, nell’incontro «istituzionale» a Palazzo Chigi. Già, perché il Prof e il sindaco hanno abbozzato una sorta di percorso comune. Provvisorio e parziale. Ma «non avventato», come dicono, il giorno dopo, le varie anime di Scelta civica e la pattuglia renziana del Pd.In primis, Mario e Matteo condividono l’urgenza di «dare un governo al Paese». Renzi ha rassicurato Monti sul fatto che la linea di Bersani si svuoterà non appena risulterà fallito il tentativo con M5S. E che il Pd non ostacolerà il successivo tentativo del Colle di varare un governo del presidente. Perciò il sindaco di Firenze ha fatto partire un intenso pressing sui parlamentari di sua fiducia perché «mai più ci sia nel partito un aut-aut del tipo "o Grillo o voto"». E l’esito si è visto: Bersani ha ammesso, seppur senza tanta voglia, che dopo l’ipotesi-A c’è un’ipotesi-B che lui non potrà padroneggiare. Inoltre, Renzi fungerà da collante tra Monti e Pd nella delicata partita per il presidente del Senato, dove i voti del Prof possono essere decisivi.Ma c’è anche altro. Entrambi, Monti e Renzi, hanno lo stesso interesse. Ovvero, quello di non correre verso le urne senza avere il tempo per riorganizzarsi. Il premier uscente deve mettere in piedi un partito. Il sindaco, a partire dal prossimo congresso, deve fare suo il Pd. Suo nei nomi, nei volti, nei contenuti. Ci vuole qualche mese, forse un anno se non più. L’obiettivo è tirare almeno fino alla primavera 2014, anche se l’ideale sarebbe il 2015, anno in cui si liberano - per il Prof - importanti caselle europee.E a quel punto? A quel punto, se tutto andrà come i due sperano (Scelta civica ben radicata sul territorio, il Pd svincolato dalla sinistra e attivo nel cercare voti anche fuori dal suo fortino) potrebbe nascere un progetto comune. «Noi ci avevamo visto giusto, destra e sinistra sono superati, i poli si scomporranno tra riformisti e conservatori. Ma abbiamo anticipato troppo i tempi...», diceva ancora ieri il professore ai suoi. È il preambolo di un’idea, di «un’intesa comune». Qualcuno - specie tra gli uomini del centrodestra confluiti nel contenitore montiano - suggerisce l’ipotesi di «un ticket con Renzi leader». Una soluzione che piace a tanti ex berlusconiani come Franco Frattini, Mario Mauro e Giuliano Cazzola, e che attira anche diversi ex Pdl costretti a un giro di sosta, come Isabella Bertolini. Potenzialmente, l’idea potrebbe calamitare altri esponenti azzurri non appena Berlusconi - incalzato da un rivale per Palazzo Chigi troppo più giovane di lui - lascerà la mano. Quanto alle affinità programmatiche, dicono montiani e renziani, «basta confrontare il programma di Scelta civica con la piattaforma di Matteo alle primarie».Non si tratta di pure suggestioni. Due segnali ieri ci sono stati. Uno - molto prudente - lanciato da Monti a margine della sua conferenza stampa: «Un’alleanza con Renzi? Non ricandidarmi per lasciare campo a lui? Sono quesiti molto interessanti ma prematuri. E peraltro parte delle risposte dipendono dalle decisioni di un altro partito. Al momento ragioniamo con i partiti esistenti e i leader esistenti. Rifletterò per il futuro». L’altro segnale, molto più esplicito, è stato messo a verbale da Dario Franceschini durante la direzione Pd: «Dobbiamo allargarci, non rinchiuderci. Abbiamo di fronte due populismi, se fossimo stati con Monti avremmo preso più del 40 per cento, avremmo vinto tutte le regioni... Ora – dice il nome forte del Pd per la presidenza della Camera – abbiamo le amministrative con doppio turno. Vorrei che a partire dalle comunali di Roma si cominciasse a capire se c’è spazio per allargare, visto che l’avversaio al ballottaggio potrebbe essere Grillo».C’è anche un’altra impressione che i due, Monti e Renzi, si sono scambiati martedì: «Nessuno che voglia governare al prossimo giro farà parte dell’esecutivo che sta per nascere». Una frase che lascia intendere la netta preferenza per un governo tutto tecnico, in cui la politica sia concentrata solo sui lavori parlamentari e sulla propria rifondazione e riorganizzazione per frenare il fenomeno-Grillo.