Con i suoi 39 anni appena compiuti Matteo Renzi si appresta a diventare il più giovane primo ministro italiano e dell'Unione Europea. Se si insedierà a Palazzo Chigi al posto di Enrico Letta, cosa che appare ormai quasi scontata, sarà l'unico premier tra i 27 della Ue a non avere ancora raggiunto la soglia dei 40 anni. Nei vertici europei troverà un discreto numero di leader appartenenti alla sua generazione, quella nata negli anni '70. Appena un anno più vecchio di lui è il premier di Malta, Joseph Muscat, fresco quarantenne (1974). Altri "baby premier" sono il primo ministro del Lussemburgo Xavier Bettel (1973), il romeno Victor Ponta (1972) il finlandese Jyriki Katainen (1971) il ceco Bohuslav Sabotka (1971) e la slovena Alenka Bratusek (1970). Una pattuglia di giovanissimi che quasi oscura il 47enne premier inglese David Cameron (1966) e la sua coetanea danese Helle Thoring Schmidt (1966). Per trovare uno più giovane di Renzi bisogna spingersi fuori dei confini della Ue, nella lontana Islanda: lì il primo ministro è Sigmundur Gunnlaugsson, di tre mesi più piccolo del segretario del Pd e ha ancora 38 anni. Renzi avrà anche un altro record: sarà lui il presidente del consiglio più giovane che l'Italia abbia mai avuto. Finora la palma apparteneva al democristiano Giovanni Goria, barba da professore e una carriera lampo nella balena bianca: era arrivato a Palazzo Chigi nel 1987 quando aveva 43 anni. Anche Letta aveva bruciato le tappe, insediandosi a 46 anni. Ma meglio di lui aveva fatto l'eterno Amintore Fanfani, che aveva solo 45 anni quando fu chiamato a guidare il suo primo governo nel 1954. La sua carriera è iniziata nel 2004 quando, quasi sconosciuto, si candidò e fu eletto alla guida della Provincia di Firenze. Già allora amava ricordare di essere il politico più giovane ad aver ricoperto quella carica. Se avrà l'incarico di formare un nuovo governo potrà appuntarsi al petto la medaglia, assai più pesante, del più giovane premier della storia della Repubblica. Nato a Firenze nel gennaio 1975 e cresciuto a Rignano sull'Arno, Renzi è abituato alle sfide. Persino negli scout, dove tra l'altro conobbe la futura moglie Agnese, fu un punto di riferimento: prima capoclan e poi caporedattore del giornale dell'Agesci. Da quell'esperienza l'attuale sindaco di Firenze, e segretario del Pd, ricorda spesso di aver presente l'insegnamento di Baden Powell, "bisogna lasciare il mondo un
pò migliore di come lo abbiamo trovato". Anche per questo, già negli anni del liceo classico, al Dante di Firenze, iniziò a fare politica diventando uno dei rappresentanti degli studenti nel consiglio d'istituto. Sono gli anni nei quali il padre Tiziano era impegnato nella Dc. Lui l'esperienza della "Balena bianca" non riuscirà a farla, per questioni anagrafiche, ma si iscrisse presto al Ppi di Mino Martinazzoli, di cui diventò segretario provinciale e poi coordinatore della Margherita. Nel frattempo e si laureò in giurisprudenza (1999) con una tesi su Giorgio La Pira, con le prime esperienze lavorative nell'azienda del padre. Subito dopo sposò Agnese da cui avrà tre figli. Nel 2004 si candidò alla presidenza della Provincia di Firenze anche se non tutti lo guardavano con troppo favore. Eletto iniziò a far capire che quel ruolo gli andava stretto e, quando il centrosinistra cercò di ingabbiarlo, lasciandolo lì per altri 5 anni, Renzi spiazzò tutti annunciando, nell'autunno 2008, la candidatura alle primarie per Palazzo Vecchio: "O
cambio Firenze o cambio mestiere e torno a lavorare" lo slogan che fece breccia tra la gente. A sorpresa vinse al primo turno e a giugno 2009 venne eletto sindaco. Ancora troppo poco, perché Firenze può essere un bel trampolino di lancio: nel 2010 divenne per tutti il "rottamatore", parola che fece arrabbiare tutti i
vecchi politici, e l'obiettivo futuro era ormai chiaro. Non ci mise molto a diventare una star, facendo passare l'idea che lui era il nuovo: interviste sui quotidiani, sui settimanali, non solo d'opinione, e in tv dove dimostrava di essere sempre più a suo agio. La comunicazione, fatta di slogan e di uscite improvvise, è sempre stata uno dei suoi pallini. Renzi capì che poteva essere il suo momento e, nel 2010, convocò alla Leopolda di Firenze quanti nel Pd sentivano di non avere ancora una casa sicura: "Prossima fermata l'Italia", annunciò dal palco. L'anno
dopo partì il tour con lo slogan "Viva l'Italia viva", slogan che poi diventò "Matteo Renzi Adesso", nel 2012, per la sfida a Pierluigi Bersani nelle primarie del centrosinistra. Da quella sconfitta, l'unica da quando è in politica, Renzi uscì rafforzato. Lo stesso Presidente Giorgio Napolitano pensò a lui per sostituire Monti, anche se poi scelse Enrico Letta. E allora Renzi si lanciò nella corsa alla guida del Pd cosa che, assicurava prima, non gli interessava, e questa volta senza rivali. L'8 dicembre scorso una valanga di voti sommerse gli avversari e la segreteria del Pd sembrò subito poter essere l'ultimo trampolino di lancio per arrivare a Palazzo Chigi. E dopo solo due mesi il giovane rottamatore è pronto al grande salto.